
PARAGRAFO N 68
IL GIORNO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE
PREPARAZIONE ALLA NECE
Quando il cuore pulsa l’ultimo battito, il corpo
umano cede ogni forza vitale e crolla, di colpo,
“come corpo morto cade”. Quando il vigore vi-
tale esala l’ultimo respiro, il corpo umano ces-
sa ogni auto-controllo sui muscoli e sul cervel-
lo e precipita a terra, privo di ogni forza e di ogni
profluvio. Quando la nece inocula il suo siero vi-
rale, il corpo umano annulla ogni Io oblito, nel
suo oblio, e il corpo umano si schianta a terra
come un sacco vuoto ma pesante. In quel pre-
ciso istante, quando il vigore vitale abbandona
il corpo umano, la tetra morte si personifica e
diventa una grande e maestosa figura femmini-
le, piena di sollecitudine per le vite degli altri.
La morte, questa grande e maestosa figura fem-
minile, si eccita e si dispiace quando vede morire
le sue innocenti e numerose vittime, come è sta-
ta la morte assurda, vana, insensata, odiosa e
imprevista dei due fratellini di Ardea, vicino
Roma, la settimana scorsa per mano di un gio-
vane squilibrato di mente, fuori di testa. In quel
medesimo momento, tra la vita e la morte, sot-
tentra la nece che oblitera il biglietto senza ritor-
no dell’Io obliato da sé stesso, dai suoi cari e
dalla realtà. Nell’istante del trapasso, dalla vita
alla morte non c’è, secondo me, dunque, nes-
suna anima che si stacchi e si elevi dal corpo
umano per scrutare l’ambiente circostante e
capire quale sia la via maestra che conduce ver-
so l’alto o verso il basso o verso il centro (Pur-
gatorio). C’è, soltanto, un corpo morto, abban-
donato a sé stesso, freddo e privo di vigore
vitale, in preda agli animali randagi che si nu-
trono e vivono di carogne, o degli infernali ser-
penti che, d’estate, ingoiano di tutto: bambini,
pecore, cani e carogne di uomini morti insepolti.
E già nel primo istante di morte comincia il fe-
tore del corpo umano che inizia la sua decom-
posizione e la propria putrefazione. Nell’ultimo
istante di vita non c’è, secondo me, nessun Io,
ossia l’attività elettrica dei neuroni, che, nell’
attività del cervello, diventa, prima mente e
poi autocoscienza di sé e degli altri. Questo Io,
o anima, non assiste il corpo umano e non lo
conduce nemmeno all’altro mondo, dato che
quest’ultimo non esiste ed è solo una utopia
inventata dagli uomini di fede per addolcire e
per accettare la terribile morte. Se la natura
ha creato l’uomo, ora l’uomo deve ricreare,
con la nuova scienza, la natura.
II
Secondo me, B. C., non c’è, neanche, nessun
Dio pronto ad accogliere l’anima del morto,
un’altra invenzione della psiche umana per
mitigare e obliare il profondo e avaccio dolo-
re della morte. C’è, soltanto, un corpo inerte
e inerme che già comincia il processo materia-
le e brutale della deformazione e della disgre-
gazione del volto e degli arti. Questo è, secon-
do me, l’esito finale e naturale del processo
fisiologico della natura umana, che la legge
della natura impone a tutta l’umanità. Non
aspettatevi niente altro dalla nece, tetra e
orrida. Bisogna accettarla così com’è: mici-
diale, terrificante, nullificante, buia, iniqua,
cupa e miope. Non credete nemmeno a san
Paolo, il quale ha parlato di un corpo umano
risorto e spiritualizzato dopo la morte. Nella
prima lettera ai Corinzi, san Paolo parlando
dei corpi risorti così afferma: “Così anche la
risurrezione dei morti: si semina nella corru-
zione, si risorge nella incorruttibilità; si semina
nello squallore, si risorge nello splendore; si
semina nella infermità, si risorge nella poten-
za; si semina un corpo naturale, risorge un
corpo spirituale. Se infatti c’è un corpo naturale,
vi è pure un corpo spirituale.” Non credete nem-
meno a sant’Agostino quando scrive che i corpi
umani risorti perderanno ogni imperfezione che
avevano sulla Terra e assumeranno, nel regno
dei cieli, la forma perfetta che l’uomo morto
immaginava di avere per sé dopo la sua morte.
Ecco il brano che più si avvicina a questa rappre-
sentazione dell’uomo risorto con il nuovo e bel
corpo spiritualizzato: “nella risurrezione della
carne la grandezza del corpo avrà per l’eternità
quella dimensione che ciascuno aveva o avreb-
be avuto nella piena giovinezza, secondo il prin-
cipio inserito nel suo corpo, conservando anche
una proporzionata bellezza nella disposizione di
tutte le membra.”
(La città di Dio, libro XXII, 20, pag. 1407).
Non credete nemmeno a san Francesco,
il quale, nella sua celebre lauda poetica, ha
parlato della seconda morte, cioè del giorno
del giudizio universale, quando scrive:
“beati quelli ke troverà ne le tue sanctissime
voluntati, ka la morte secunda non il farà male”,
perché la inevitabile nece è semplicemente
e naturalmente la cessazione della vita.
Se la natura sta morendo per mano dell’uomo,
l’uomo sta morendo per mano della natura.
III
Non credete nemmeno a san Tommaso d’Aqui-
no quando ha scritto sui corpi risorti nella Sum-
ma: “L’anima, essendo parte della natura uma-
na, non ha la perfezione naturale se non quando
è unita al corpo”. (S. theologiae I, q. XC, a. 4)
Non credete nemmeno a Dante Alighieri, il
sommo poeta, poeta eclettico, il quale, ripren-
dendo tutte le affermazioni dei filosofi, dei
teologi, dei santi e dei letterati precedenti,
nella Divina Commedia, ha espresso, anche,
il suo punto di vista sull’argomento, quando
ha scritto le seguenti terzine sui corpi risorti.
(Paradiso. Canto XIV. VV 52 – 60).
“Ma si come carbon che fiamma rende,
e per vivo candor quella sovecchia,
sì che la sua parvenza si difende;
così questo folgor che già ne cerchia
fia vinto in apparenza da la carne
che tutto dì la terra ricoperchia;
né potrà tanta luce affaticarne:
ché gli organi del corpo saran forti
a tutto ciò che potrà dilettarne.”
Qui, sui corpi risorti, le belle e bellicose
chiacchere, filosofiche e teologiche, sofi-
sticate, raffinate, arzigogolate e sibilline,
stanno, secondo me, a zero e così lo è an-
che tutta la filosofia estinta della Patristica
e della Scolastica del Medio Evo, ritenuta
da me, una filosofia inutile, superflua, an-
tiquata, imbarazzante, cervellotica, prolis-
sa, ascetica, mistica, metafisica e morta.
Un esempio celebre e classico della pura
filosofia e teologia Scolastica è il libro
“Itinerarium mentis in Deum” del mistico
san Bonaventura da Bagnoregio.
Questa filosofia e teologia medioevale,
repleta di sofismi, di illazioni e di sillogi-
smi, è, secondo me, priva di ogni fonda-
mento scientifico, tecnico, logico e pra-
gmatico. Del resto anche la Sacra Bibbia,
ovvero le sacre scritture, dal primo libro
“Genesi” all’ultimo libro “L’apocalisse” è
una pia concezione religiosa, pastorale,
agreste, tradizionale e fantasiosa del po-
polo ebraico. Secondo me, non ci sarà
mai il giorno del giudizio universale così
come lo prevede e lo annuncia, illusoria-
mente e falsamente, la dottrina della
chiesa cattolica di Roma perché, non c’è
mai stato né ci sarà mai un corpo umano,
risorto, dopo la nece. Punto e basta.
Secondo me, non c’è e non ci sarà mai il
giorno del giudizio universale, perché
l’ultimo giorno di vita è quello della tran-
sizione naturale dalla vita alla morte.
Finale.
Tutto ciò che noi umani mortali ed esseri
pensanti, generanti, possenti, creanti, fie-
ri, producenti, inventori, possiamo fare,
oggi, è quello di attendere, aspettare e spe-
rare che le scienze del genoma umano, le
scienze dell’ingegneria genetica e le biote-
cnologiche creino, producano, assemblino,
attuino, forniscano, distribuiscano e dispen-
sino una piccola pillola miracolosa che, raf-
forzando i piccoli telomeri dei cromosomi,
allunghi la vita media dell’uomo, con una
lunga, sana, vigorosa e sobria vecchiaia ric-
ca di benessere, d’amore, di pace e di felici-
tà, e così si possa realizzare una vita più lon-
geva, più edenica, più gaia, più scientifica e
più paradisiaca. Del resto l’umanità è, con-
temporaneamente, sia perniciosa e sia per-
spicace, sia ingannevole e sia perspicua, sia
onesta e sia proditoria, sia santa e sia profa-
na, sia suicida e sia omicida, sia malefica e
sia benefica, sia sacra e sia profana.
Io, B. C., voglio finire questo componimento poetico, affermando che questo viaggio a spasso nell’Inferno di Dante, e in compagnia di Dante, ha soddisfatto ed ha esaudito tutte le mie curiosità e le mie conoscenze che volevo appagare, colmare e soddisfare, espresse e manifestate all’inizio del mio viaggio, così come le avevo indicate nel primo paragrafo di questo mio componimento poetico. Il mio viaggio nell’Inferno di Dante finisce qui, e qui finisce anche il mio componimento poetico.
Fine

MODICA 30 MARZO 2022
PROF. BIAGIO CARRUBBA
Commenti recenti