L’Antologia Palatina è famosa, soprattutto, per gli epigrammi erotici dei quali io riporto i più belli. Mi raccomando, la lettura di questi epigrammi è consigliabile solo per un pubblico adulto e maturo.
– Tucidio Gallo –
“Io, Lide, sono capace di soddisfare tre uomini
in un solo colpo, uno sopra il ventre, l’altro sotto,
il terzo dietro, accolgo pederasti, donnaioli, pervertiti.
Hai fretta e siete in tre? Entra pure.”
A.P. , Liber V, 49 .
-Dioscoride –
“Non piegare mai nel tuo letto la gravida,
fronte a fronte, godendo di Cipride generatrice.
Di mezzo c’è come un’onda gonfia,
e non sarà poco il travaglio per lei
che è remeggiata, per te che rolli.
Voltala piuttosto e goditi le natiche rosee,
stimando che tua moglie sia una Cipride mascolina.”
A.P. , Liber V, 54.
-Dioscoride –
“Dopo avere steso sul letto Doride, natiche di rosa,
fra quelle fresche carni mi sono sentito un Dio.
Ella tenendomi serrato fra le sue gambe
impareggiabili, compì senza un tentennamento
il lungo stadio di Cipride e mi fissava
con gli occhi languidi che, ai suoi sussulti,
tremolavano lucenti come foglie al vento,
finché entrambi spargemmo il bianco vigore, e
Doride giacque con le membra inerti.”
A.P. , Liber V, 55.
-Dioscoride –
“Mi rendono folle labbra rosate, chiaccherine, struggenti,
vestibolo d’ una bocca di nettare, pupille balenanti sotto
folti sopraccigli, reti e lacci dove s’impiglia il mio cuore,
e un paio di amabili poppe, bianche di latte, desiderabili, ben fatte,
più maliose d’ogni fiore in boccio. Ma perché mostro le ossa ai cani?
A che porti la loquacità, lo testimoniano le canne di Re Mida!”
A.P. , Liber V, 56.
– Marco Argentario –
“ Via questa veste di rete, ciondolona, e quando cammini non
dimenare apposta l’anca, Lisidice. Non ti fascia nelle sue pieghe
il peplo sottile ma tutta la tua nudità si vede e non si vede.
Se il gioco ti pare spiritoso, anch’io questo qui che ho ritto
lo coprirò d’un velo di bisso.”
A.P. , Liber V, 104.
– Marco Argentario –
“Un altro mondo quello di Menofila, si dice fra le sgualdrine,
un altro, perché gusta ogni forma di lascivia. Su, Caldei,
fatevi vicino a lei: la volta del suo cielo ha davvero il Cane
e i Gemelli .”
A.P. , Liber V, 105.
– Marco Argentario –
“ Desiderare una donna è la cosa più bella del mondo per chi
ha in amore nobili sentimenti. Ma se ti prende anche la voglia
di un maschio, so consigliarti un rimedio per placare questo
morbo rovinoso. Volta Menofila, bella di fianchi,
immaginandoti di avere fra le braccia proprio un maschio,
Menofilo.”
A.P. , Liber V, 116.
– Filodemo –
“Per una sola volta il tale dà alla tale cinque talenti,
fotte tremando e, per Zeus, non è neppur bella.
Con cinque dracme Lisiannassa me la faccio dodici volte, e,
senza contare che è più bella, fotto apertamente.
Insomma, o io non ho la ragione o, d’ora in poi,
a quel tale bisogna tagliare con la scure i gemelli.”
A.P. , Liber V, 126.
– Automedonte –
“Alla ballerina dell’Asia che s’agita in lascive pose fin dalla
tenera infanzia, non do lode perchè esprime con passione
tutti i sentimenti, né perché lancia qua e là mollemente
le molli braccia; ma perché sa danzare anche intorno
a un logoro piolo e non rifugge dalle rughe di un vecchio.
Bacia con la lingua, titilla, allaccia; se ti mette sopra
la gamba, dall’ Ade risuscita il randello.”
A.P. , Liber V, 129.
– Filodemo –
“ O piede, o gamba, o cosce per cui ben a ragione muoio,
o glutei, o pettine, o fianchi, o spalle, o poppe, o collo delicato,
o mani, o begli occhi di cui vado pazzo, o movimenti
sorvegliatissimi, o superlativi baci di lingua, o gridolini
che mi eccitano! Se è un’Opica, una Flora, e non canta i versi
di Saffo, anche Perseo si innamorò di un’indiana, Andromeda.”
A.P. , Liber V, 132.
– Eratostene Scolastico –
“ Appena vidi Melita, sbiancai in volto, perché
l’accompagnava il marito. Allora le dissi tremante:
<< Posso spingere indietro le sbarre della tua porta
allentando il paletto dei vostri battenti e varcare
l’umida soglia del doppio atrio ficcando in mezzo
la punta della chiave?>>. Risponde ridendo e
guardando in tralìce il marito: << Stai alla larga
dall’atrio, se no il cane ti sbrana>>.”
A.P. , Liber V, 242.
– Luciano –
“Ecco i trastulli che tre etere ti dedicarono, Cipride beata,
ciascuna conforme al suo lavoro: Efro questi dai proventi
dell’ano, questi Clio seguendo le regole di natura, la terza,
Attide, lavorando di Palato. In cambio, sovrana, manda
alla prima profitti di giovani, alla seconda di donne,
alla terza di neutri.”
A.P. , Liber VI, 17.
– Leone Il Filosofo –
“Madre mia snaturata, che hai il cuore duro,
troppo la ferita mi duole, che un uomo mortale
mi inferse nel buio della notte, quando dormono
gli altri mortali, nudo, senz’ elmo né scudo,
sprovvisto di lancia. Tutta si scaldò di sangue
la sua spada; ma dopo emise un liquido
innocuo e tiepido.”
A.P. , Liber IX, 361.
– Marco Argentario –
“ Di nascosto, Eraclea, con le labbra lo succhi ben bene.
Da tempo questo di te si vocifera in città. Come osasti
compiere così ignobile sconcezza? O qualcuno a forza
ti costrinse afferrandoti per i folti capelli? O perché
il bel nome ti viene da Eracle, lasciva, hai scelto d’amare
l’ebe dei ragazzi?.”
A.P. , Liber IX, 554.
– Nicarco –
“ Nessuno, Caridemo, può fottere sempre la propria moglie
e provare un intenso piacere. Tanto la natura ama essere
sollecitata, cambiare pelle, e cerca sempre la tresca
con una fica forestiera.”
A.P. , Liber XI, 7.
– Stratone –
“ Bevi ora e ama, Damocrate, perché non berremo
per sempre né sempre staremo in compagnia di ragazzi.
Cingiamoci il capo di corone e spalmiamoci di unguenti,
prima che altri li porti sulla nostra tomba. Ora dentro di me
le mie ossa bevano a sazietà vino puro; dopo la morte
le sommerga Deucalione.”
A.P. , Liber XI, 19.
– Nicarco –
“Bella la vecchia. Eh si! La ricordi quand’era giovane.
Ma allora chiedeva denaro, ora è disposta a darlo,
se la monti. Troverai in lei un’artista. E quando ha bevuto,
allora ce l’ hai ancora più docile alle tue voglie.
Beve, se acconsenti, tre, quattro, sestari,
e dopo ciò il sotto va sopra. Si incolla,
sollecita, t’offre il culo. Se le dai qualcosa
lo piglia, se no, la sua paga è il piacere.”
A.P. , Liber XI, 73 .
– Nicarco –
“ Una volta io, Ermogene e Cleobulo ci pigliammo
una sola donna, Aristodice, per fare l’amore insieme.
Proprio a me toccò d’abitare il mare canuto;
ci spartimmo una zona per uno, non tutti presero tutto.
A Ermogene toccò la cupa muffosa dimora, la più profonda;
si insinuò in un luogo segreto, dove sono le rive dei morti,
e ficastri ventosi s’agitano al soffio di venti orrisoni.
Fai di Clebulo Zeus: a lui toccò di entrare nel cielo,
tenedo in mano il fuoco fumante. La terra rimase
sede comune a tutti: stesa sopra una stuoia,
così ci spartimmo la vecchia.”
A.P. , Liber XI, 328.
Modica, 8 Ottobre 2015
Biagio Carrubba
Commenti recenti