
Agazia Scolastico, nativo di Mirina nella Misia, visse tra il 532 d.C. e morì intorno al 582 d.C.
Esercitò la professione di avvocato. Insieme a Paolo Silenziario (che fu suo genero) scrisse molti epigrammi ed ambedue furono funzionari della Corte di Giustiniano (527 d.C.-565 d.C.). Gli epigrammi di Agazia Scolastico sono di vari argomenti, ma i più belli e riusciti sono quelli amorosi, compresi tutti nel V libro dell’ Antologia Palatina.
Tra tutti i suoi epigrammi riporto, qui di seguito, i più belli:
“Se ami, non lasciare che il tuo spirito s’accasci e crolli,
colmo di suppliche viscide, ma sii un po’ riservato
nei sentimenti, tenendo alti i sopraccigli e guardando
con occhi benigni. E’ proprio delle donne non dar peso
ad uomini alteri e a fare grandi risate su quelli troppo
queruli. Amante perfetto è chi riuscirà a fondere le due
cose: accenti pietosi e un pizzico di fierezza.”
A.P., Liber V, 216.
“Non sono amante del vino; ma quando vuoi ubriacarmi,
gustalo per prima, poi passamelo; lo accetto.
Se lo sfiorerai con le labbra, non è cosa facile
restar sobrio o fuggire il dolce coppiere,
ché la coppa trasporta a me il tuo bacio e mi
racconta quale grazia l’ha toccata.”
A.P., Liber V, 261.
“Una volta giacevo solo fra due donne;
e, mentre bramavo l’una, piacevo all’altra.
Quella che mi amava mi tirava a sé,
ma io come un ladro con labbro parsimonioso
baciavo l’altra, ingannando la gelosia della vicina;
ne temevo il rimprovero e le voci che potevano
separarci. Allora crucciato dissi:
<<Per me, sembra, doppio è il castigo,
se essere amato non è meno penoso che amare>>.”
A.P., Liber V, 269.
“Colei che prima s’ergeva fiera della sua bellezza,
che scuoteva le chiome intrecciate, incedeva altera,
colei che menava vanto della mia pena,
rattrappita dalla vecchiaia, ha perso la grazia
di un tempo; le poppe le pendono, i sopraccigli
sono caduti, gli occhi spenti, le labbra mandano
un suono balbo e senile. Chiamo i capelli bianchi
a vendetta d’amore, perché fanno giustizia
venendo più presto alle donne orgogliose.”
A.P., Liber V, 273.
“La snella Melite, pur sulla soglia di lunga vecchiaia,
non ha perso il fascino della gioventù.
Scintillano ancora le gote, l’occhio non ha scordato
il fascino; eppure le decine degli anni non sono poche.
Anche le resta l’aria fiera di fanciulla.
Da lei ho capito che il tempo non può vincere la natura.”
A.P., Liber V, 282.
“Impedita di baciarmi la bocca, la divina Rodante
stese fra noi il cinto verginale, e lo baciava;
io, come chi derivi l’acqua con un canale,
traevo la corrente d’amore verso il capo opposto,
succhiando i suoi baci: schioccavo con la bocca
sul cinto della fanciulla e glieli rinviavo da lontano.
Era, pur piccola, una maniera di ingannare il tormento,
perché il dolce cinto era un ponte fra noi,
da labbro a labbro.”
A.P., Liber V, 285.
Ecco qui di seguito i due epigrammi più famosi e più belli fra Agazia Scolastico e Paolo Silenziario; nel primo di questi epigrammi Agazia Scolastico invia un suo biglietto epigrammatico all’amico e genero Paolo Silenziario. Agazia si trovava, per motivi di lavoro, fuori Costantinopoli e informava Paolo Silenziario del suo stato d’animo e dei suoi desideri. A questo biglietto, Paolo Silenziario rispose con un altro epigramma con il quale lo rassicurava, lo tranquillizzava e gli dice che non doveva disperarsi.
“Agazia:
Qui la terra verdeggiante di floridi rami dispiega
tutta la sua grazia di fronde e frutti;
qui gorgheggiano gli uccelli all’ombra dei cipressi.
-Sono le madri di teneri pulcini-; cantano
melodiosi i cardelli e gracida la rana che vive
tra aspri rovi. Ma che piacere ne ho, io che vorrei
udire la tua voce più che le note della lira delia.
Duplice amore mi assilla: desidero vedere te,
amico mio, e la mia vitellina, il cui pensiero
mi consuma; ma ci sono le leggi a tenermi
lontano dalla mia agile gazzella.”
A.P., Liber V, 292.
“Paolo:
Eros violento non conosce legge, né vi è
alcun’altra cosa che storni un uomo da folle passione.
Se ti distoglie l’impegno di cure giuridiche,
amore non è poi così forte nel tuo petto.
Che amore è questo, se un esiguo
stretto di mare può tenere il tuo corpo
separato dalla tua fanciulla? Quanta sia
la forza d’amore dimostrò nuotando
Leandro che non badava né alla notte,
né ai flutti. Ora tu, amico, disponi anche
di barche; ma il vero è un altro: preferisci
frequentare Atena e hai rinnegato Cipride.
Pallade presiede alle leggi, la Pafìa all’amore.
Dimmi, chi servirà l’una e l’altra insieme?”
A.P., Liber V, 293.
“Quando con colpo sonoro un petalo di papavero
aderì schioccando alla pancia della coppa profetica,
capii che mi ami; ma puoi subito convincermi
realmente passando una notte intera nel mio letto.
Questa sarà la prova della tua completa sincerità.
Lascerò gli ubriaconi a divertirsi con gli schiocchi
delle gocce.”
A.P., Liber V, 296.
“<<Nulla di troppo>> disse un sapiente.
Ma io credendomi amabile,credendomi bello,
misi su superbia, e presumevo di avere
nelle mie mani tutto il cuore della fanciulla,
che forse era una furbona. Ella s’inorgoglì
più di me, inarcò altero il sopracciglio,
come se sconfessasse il contegno di prima.
Ed ora io, l’uomo dallo sguardo terribile,
rigido, restìo a cedere, che prima volava
così alto, sono crollato di colpo.
Le parti si sono invertite: piombando
alle ginocchia della fanciulla ho gridato:
<< Perdona è stato un peccato di gioventù>>”.
A.P., Liber V, 299.
Ho impiegato quasi cinque mesi (da aprile ad agosto 2015) di studio per leggere l’Antologia Palatina. Reputo che la lettura dell’Antologia sia stata una lettura difficile ed a volte tediosa.
Credo, anche, che alla fin fine la conoscenza di essa sia necessaria per incrementare la mia cultura e soddisfare il mio personale gusto estetico. Infatti, ho gustato con piacere la bellezza e la saggezza di molti epigrammi erotici, epidittici e protreptici. Penso, infine, che chiunque ami la poesia debba leggerla, per avere una conoscenza poetica più completa e critica sulla storia millenaria della poesia.
Modica, 12 Novembre 2015
Biagio Carrubba
Commenti recenti