I PEDOFILI E I SODOMITI.

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PARAGRAFO N. 15

Io e Dante, dopo aver superato la prima curva a destra e, dopo aver fatto due centinaia di passi, percorsi nell’aria fredda e frizzantina, sul tratto rettilineo della strada principale, ampia e grigia, arrivammo davanti al cancello della prima baracca. Io e Dante, per vedere meglio la strada ghiacciata, alzammo le lampade luminose della luce artificiale, a modo di lanterna, e, così, intravedemmo, poi, alla nostra sinistra, il primo cumulo della prima baracca infernale.

Il primo diavolo, cornuto e custode del cancello, dalla

livrea a strisce orizzontali verdi – blu (livrea n. 10),

quando ci vide lì, rimase di stucco perché fu sorpreso dalla

nostra improvvisa presenza. Vide noi: me, in carne e ossa,

e Dante, uno spirito in forma umana. Allora il diavolo, per-

plesso, quasi non credendo nemmeno ai suoi occhi, pieno

di rabbia e di stupore, ci guardò con i suoi occhi torvi e di

fuoco e ci apostrofò con queste parole, dirompenti, altiso-

nanti e enfatiche:

<<Chi siete voi che contro al cieco fiume

fuggita avete la pregione etterna?

Chi v’ha guidati, o che vi fu lucerna,

uscendo fuor de la profonda notte

che sempre nera fa la valle inferna?

Son le leggi d’abisso così rotte?

o è mutato in ciel novo consiglio,

che, dannati, venite a le mie baracche?>>

(Purgatorio. Canto 1. Versi 40 – 48).

Dante lo zittii subito dicendogli queste altre parole:

<<Stai zitto e quieto tu perché,

così volle il tuo capo, che ci

ha dato il suo beneplacito,

per il nostro viaggio quaggiù.>>

Così, davanti al cancello della prima baracca, io e Dante,

ascoltammo e vedemmo il primo diavolo, cornuto e custode

del cancello, insieme ad altri diavoli, cornuti e custodi, dalle

livree a strisce orizzontali verdi – blu (livrea n. 10).

Poi, io e Dante, davanti al cancello, leggemmo, anche, il primo

cartello, dove c’era scritto a caratteri in stampatello:

                                               PEDOFILI E SODOMITI. BARACCA N. 1

I diavoli del cancello, che immetteva nel primo cortile

interno della baracca, se ne stavano appoggiati sui ron-

cigli e sugli arpioni davanti al cancello. Le primeanime,

perse e dannate, che, io B. C., riuscii a distinguere dal

cumulo, puzzolente e obbrobrioso, furono, dunque,

le anime, perse e dannate, dei pedofili e dei sodomiti.

Il cumulo si trovava davanti alla prima baracca ed era

sorvegliato da più diavoli, cornuti e custodi dei cumuli,

dalle livree verdi – gialle (livrea n. 11).

Dante, scorgendo le anime, perse e dannate nel cumulo,

ebbe un attimo di ribrezzo e con animo triste e compun-

to, in tutta fretta e concitato, mi disse:

“Questi non hanno speranza di morte,

e la lor cieca vita è tanto bassa,

che ‘nvidiosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;

misericordia e giustizia disdegna:

non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.

(Inferno. Canto III. Verso 46 – 51).

Come gli ignavi.

Mentre, io, B. C., guardavo il cumulo mi accorsi che, questi

dannati, ad un tratto, prima, bruciavano e ardevano in una

pira, poi il cumulo di questi peccatori sozzi si congelava e i

peccatori diventavano spiriti di ghiaccio, passando, così, dal

rosso ardente del fuoco al bianco pallido e trasparente del

ghiaccio, putido e corrotto. Questo passaggio dal caldo al

freddo era un processo molto lungo, lento e doloroso per

le anime, perse e dannante, costrette a subire la prima pena.

Infatti, io e Dante, ci accorgemmo che questo supplizio era

la loro prima pena che le anime, perse e dannate, dovevano

espiare, prima di entrare nella baracca. Anche noi, io e Dante,

seguendo il percorso delle anime, perse e dannate, entrammo

dentro la baracca per vedere da vicino la prosecuzione della

pena, la loro sofferenza e l’applicazione della legge del con-

trappasso. Appena entrammo, io e Dante, scoprimmo che

le anime, perse e dannate, appena entrate nella baracca,

subivano la pena vera e propria e soffrivano la legge del con-

trappasso. La pena che pativano le anime, perse e dannate,

era analoga al peccato che i pedofili e i sodomiti avevano

commesso nella loro schifosa vita sulla Terra. Infatti la pena

del contrappasso consisteva nel fatto che, a volte, alcune

anime, perse e dannate, dovevano guardarsi dietro l’una

dall’altra, per vedere e controllare se, per la legge del con-

trappasso, c’erano altri dannati di sodomia e di pedofilia,

che volessero sodomizzarle a loro volta, così come loro

avevano fatto, vilmente, in vita sulla Terra, macchiandosi

del più terribile e disumano peccato di pedofilia e di sodomia.

Infatti, io, B.C., constatai che alcune anime, perse e dannate,

che stavano dietro, riuscivano a sodomizzare le anime, perse

e dannate, che stavano davanti. Allora, io e Dante osservam-

mo che le anime, perse e dannate, accoppiate, in modo mo-

mentaneo, si inseguivano, si leccavano, si accoppiavano, s’at-

torcigliavano, si penetravano e si addoloravano, come fanno

i serpenti naturali che, nei loro accoppiamenti casuali sulla

Terra, sono inguardabili, repellenti, disgustosi e mostruosi.  

Io e Dante vedemmo che questi accoppiamenti erano anch’

essi schifosi e disumani come quelli dei pedofili, quando abu-

sano dei bambini e dei ragazzi verecondi, ignari dei pericoli

e del male, che si nasconde nella mente degli pedofili, i quali,

con le loro lusinghe e con le loro menzogne e con le loro false

promesse, ingannano i giovani, innocenti e ingenui, irretiti e

adescati con arte. I pedofili portano le loro vittime in luoghi

solitari o si appartano con loro, in stanzette buie, consumando

e perpetrando al buio, il loro abominio e la loro nequizia. Il più

delle volte, questi buggerati sono gli stessi parenti delle giovani

vittime, che, abitando dentro le stesse case, vengono attirate,

dai pedofili, nelle loro trappole, che abusano di loro, con una

ferocia e con una determinazione coatta, ossessiva, pervasiva

e inaudita. Sia i pedofili che i sodomiti, per queste azioni

malvagie e perverse, devono, secondo me, ardere, marcire,

espiare e congelare all’Inferno per tutta l’eternità. Poi, io,

B. C., guardai in fondo alla baracca e avvistai un altro gruppo

di questi peccatori, particolarmente numeroso e partico-

larmente schifoso, riconoscibile dal colore nero pesto e

lucido, specifico e caratteristico delle tonache dell’anime,

perse e dannate, di questi peccatori. Erano i preti pedofili

che s’azzuffavano, s’accarezzavano e si riconciliavano fra di

loro. Io e Dante, di fronte a questo spettacolo spregevole e

abietto, provammo un senso di raccapriccio e di dolore che

ci turbò e ci sgomentò tanto che ci indusse a uscire, subito,

in fretta e furia e di corsa, fuori dalla baracca. Appena usciti

dalla baracca, io e Dante, attraversammo il sentiero che dalla

baracca portava alla strada principale, ampia e grigia, del lago

ghiacciato di Cocito, che ci avrebbe condotto verso Satana.

Anche Dante condanna sia i pedofili sia i chierici sodomiti nel

terzo girone del settimo cerchio, dove incontra il suo maestro

Brunetto Latini. Ecco le due terzine di Dante nelle quali il poeta

esprime e manifesta tutto il suo abominio verso questi pecca-

tori, laici e chierici: definiti peccatori immorali, sporchi e lerci.

Ed elli a me: <<Saper d’alcuno è buono;

de li altri fia laudabile tacerci,

che ‘l tempo saria corto a tanto suono.

Insomma sappi che tutti fuor cherci

e litterati grandi e di gran fama,

d’un peccato medesmo al mondo lerci.

(Inferno. Canto XV. Versi 103 – 108).

MODICA 22 MARZO 2022

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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