
PARAGRAFO N. 39
Io, B. C., penso e reputo che i presunti miracoli di Gesù Cristo siano soltanto delle frottole, fandonie e invenzioni metafisiche e immaginarie dei quattro evangelisti e dei primi seguaci del cristianesimo, come Paolo di Tarso racconta e narra nelle sue lettere a tutte le comunità cristiane che nascevano e si formavano tra gli ebrei e il mondo romano. Inoltre io, B. C., penso e reputo che Gesù Cristo non abbia fatto nessun miracolo, sia perché non aveva nessun potere taumaturgico e sia perché non era il figlio di Dio, quindi non aveva una natura divina, bensì era un semplice giovane giudeo che si credeva di essere il figlio di Dio. E il giovane Gesù, con questa convinzione particolare, cominciò a predicare di essere il figlio di Dio e di cercare discepoli in nome di suo Padre – Dio. Quindi, io, B. C., reputo che Gesù non poteva essere il figlio di Dio per il semplice fatto che Dio non esiste. Quindi io, B. C., penso e suppongo che Gesù Cristo non poteva fare miracoli perché questo giovane giudeo non possedeva nessuna natura divina. Allora io, B. C., penso e suppongo che i presunti miracoli di Gesù Cristo siano soltanto una invenzione fantastica dei suoi discepoli e dei quattro evangelisti, così come costoro hanno raccontato e descritto i miracoli di Gesù Cristo nei quattro vangeli.
Io, B. C., penso, reputo e concludo che i presunti
miracoli di Gesù Cristo siano delle false testimonianze
dei quattro evangelisti.
E poi, io, B. C., non credo nemmeno alla doppia natura
divina e umana di Gesù Cristo. Dante, invece, credeva
alla doppia natura di Gesù Cristo, come scrive in questi
versi: “Lì si cantò non Bacco, non Peana, ma tre per-
sone in divina natura, e in una persona essa e l’umana.”
(Paradiso. Canto XIII. Versi 25 – 27).
Anzi, io, B. C., penso che i miracoli di Gesù siano, sol-
tanto, invenzioni e fantasie tramandateci dai suoi disce-
poli; penso, inoltre, che tutti i miracoli di Gesù Cristo
non siano altro che frottole, baggianate e balle escogi-
tate dai suoi discepoli per inventarsi una nuova religio-
ne costruita sulla vita, sulle opere e sui falsi miracoli di
Gesù, che morì, innocente, crocifisso per mano dei Romani.
Tutto qui. Queste frottole, queste invenzioni fantastiche
e metafisiche, queste bugie e menzogne inventate dai
discepoli e dagli apostoli, poi, attraverso i discepoli e gli
apostoli, e frammisti con la filosofia patristica e con la
filosofia scolastica, sono diventate i “dogmi” della chiesa
apostolica di Roma. I dogmi, con il passare dei secoli,
furono fissati nei primi concili Ecumenici e diventarono
principi intoccabili e immodificabili della Chiesa di
Roma. Invece, secondo me, le frottole, dovevano rima-
nere frottole, anche se compiute e predicate da Gesù
Cristo in persona, e non dovevano trasformarsi in
dogmi, cioè principi assoluti e affermati come verità
indiscutibile. Anche Dante, comunque, ritiene giusta
la condanna di Gesù Cristo, ma solo nella sua natura
umana, con questi versi:
“ché la viva giustizia che mi spira,
li concedette, in mano a quel ch’i dico,
gloria di far vendetta alla sua ira”.
“Or qui t’ammira in ciò ch’io ti replico:
poscia con Tito a far vendetta corse
de la vendetta del peccato antico.”
(Paradiso, canto VI. Versi 88 – 93).
Mi sembra, anche, che questo ragionamento anagogico ipostatico di Dante, svolto in parte nella Divina Commedia e sviluppato anche nella Monarchia, sia una farneticazione e un delirare da parte di Dante. Dante giustifica la crocifissione di Cristo per due motivi. Il primo motivo è quello che Dio, con la crocifissione di Gesù Cristo, redime l’umanità dal peccato originale. Il secondo motivo, secondo Dante, è quello che, se Dio non avesse placato la sua ira, allora, saremmo ancora figli dell’ira di Dio, e quindi soggetti e sottoposti a tutte le vendette e alle collere divine, come afferma Dante in un passo della Monarchia: “Se di quello peccato non si fosse fatta soddisfazione per la morte di Cristo, saremmo ancora figlioli dell’ira per la natura; cioè per la natura depravata”. (Monarchia libro terzo. Paragrafo 11). Con questa incarnazione, esecuzione e immolazione del suo unico figlio prediletto Dio – Padre, con la crocifissione di suo figlio, ha placato la sua ira. Io, B. C., non credo, assolutamente, a queste considerazioni di Dante sulla crocifissione di Gesù Cristo, perché le trovo assurde, inedite, inaudite, senza senso, astruse, inutili, contorte, immaginifiche e quindi le reputo false, illogiche, anacronistiche e fuori da ogni realtà storica e umana.
Ecco il mio commento su questi sei versi di Dante
sulla crocifissione di Gesù Cristo voluta da Dio suo padre.
La rappresentazione di un Dio – Padre che fa uccidere e crocifiggere il figlio Gesù Cristo, unico figlio prediletto, per realizzare il suo disegno provvidenziale divino, mi pare una idea balzana, irragionevole, disumana e assurda. Questa invenzione e produzione teologica, cioè il disegno provvidenziale di Dio – Padre di uccidere il proprio figlio unigenito per redimere l’umanità dei suoi peccati, mi sembra, anche, fuori da ogni logica umana. Infatti, io B. C., penso e reputo che sia impossibile che un Dio Padre faccia uccidere il proprio figlio per placare la propria ira suscitata dai peccati compiuti dall’umanità. La decisione di Dio – Padre di uccidere il proprio figlio per fare un dono all’umanità mi sembra una pazzia bella e buona. Infatti, io B. C., penso e reputo che la grande costruzione metafisica e religiosa elaborata dai quattro evangelisti sia un grande inganno metafisico, inventato e sviluppato dalla cultura ebraica per dare inizio alla nuova religione cristiana.

MODICA 26 MARZO 2022
PROF. BIAGIO CARRUBBA
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