GESUALDO BUFALINO TRAMA DEL BREVE ROMANZO “DICERIA DELL’UNTORE”

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GESUALDO BUFALINO
TRAMA DEL BREVE ROMANZO “DICERIA DELL’UNTORE”

VI capitolo: “Marta Blundo”. Il Gran Magro, oltre a essere il dottore del reparto, era anche il regista e il direttore dell’ospedale; sceglieva i racconti da recitare sul palco e selezionava gli attori fra i malati. Il protagonista, spinto dal suo carattere di volpino e di cialtrone, una sera di gala scese al teatro dell’ospedale per conoscere qualche donna e vide sul palcoscenico una giovane donna che si esibiva in un ballo, accompagnata da una musica. La giovane mostrava fatica a saltare e girare seguendo la musica, ma il Gran Magro la incitava a continuare. Alla fine dello spettacolo tutti applaudirono e il protagonista, preso da una forte passione per la ballerina, andò a trovarla nel suo camerino, dove si stava cambiando. Il protagonista le disse: “Marta, devi uscire con me. Ti resta poco tempo, ci resta poco tempo. E abbiamo vent’anni”. Poco dopo arrivò il Gran Magro che impugnò il braccio del protagonista e gli disse: “Quella non si tocca. E non fiatarmi addosso, almaviva tossicoloso”.

VII capitolo: “L’amore per Marta”. In questo capitolo il protagonista racconta come è nato il suo amore per Marta. Egli pensava che “poiché insomma non si accomodava con l’economia del mio tempo il prolungarsi di uno stato d’estasi e vita nuova quanto a me, al contrario, serviva solo un corpo da consumare subito, prima che il nostro vagare piombato si fermasse al deposito della stazione d’arrivo”. Allora il protagonista chiese ad Adelina, la giovane malata che stava con Luigi l’allegro, notizie su Marta. E Adelina gli disse che Marta era di Sondalo, e che prima ballava alla Scala e “dicono di un capitano delle SS di una villa sul lago”. Da allora in poi l’amore per Marta anziché scemare aumentò sempre di più. Un giorno, il protagonista ebbe l’occasione di sottrarre due lastre delle radiografie di Marta e si rese conto dei danni irreparabili dei suoi polmoni. Mentre guardava le lastre, arrivò Padre Vittorio, con il quale ebbe un’animata discussione sulla fede e su Dio. Il protagonista osserva che: “Ci scambiavamo queste discussioni senza collera ormai, ma anzi con un affetto nella voce, da avversari che sanno, ciascuno per la sua parte, di essere nel giusto solo a metà”.

VIII capitolo: “Il ritorno al suo paese”. Padre Vittorio morì pochi giorni dopo. Intanto luglio avanzava e anche l’estate si faceva più calda. Siccome l’amore per Marta aumentava sempre di più, tanto che le lastre gli diventarono “una sorta di feticcio amoroso”, il protagonista, per dimenticarla, decise di ritornare al suo paese. Qui incontrò i suoi genitori, ormai invecchiati, e ritrovò la sua stanza rimasta tale e quale dal momento della sua partenza. Rivide i vecchi amici, ma si ritrovò a pensare: “com’è difficile stare morti tra i vivi: un astruso gioco d’infanzia è diventato, vivere, e mi tocca impararlo da grande”. Siccome appunto gli riusciva difficile vivere con gli altri, decise di ritornare alla Rocca: “Basta, basta – dissi ad alta voce – devo tornare alla Rocca, il mio posto non è qui”.

IX capitolo: “Il primo pomeriggio con Marta”. Tornato alla Rocca, il protagonista scrisse una lettera a Marta e gliela mandò con Adelmo, il bambino, il quale gli portò una breve risposta di Marta che gli diceva che si sarebbero visti la domenica successiva in città. Trascorsero il pomeriggio a girare per le strade della città e Marta gli parlò di sé e della sua vita prima di finire all’ospedale. La sera andarono in un quartiere abbandonato per scambiarsi qualche effusione amorosa, ma furono scoperti da una torma di miserabili che li guardavano con occhi stupiti. Così dovettero scappare e andarono a rifugiarsi lungo la spiaggia del mare. La sera rientrarono in ospedale, ma fecero finta di non conoscersi.

X capitolo: “L’incontro e lo scontro con Sebastiano”. Da qualche giorno il protagonista e i suoi amici avevano notato che Sebastiano era depresso e così una mattina il protagonista lo prese sotto braccio e lo portò in un angolo dove c’era un po’ d’ombra. Sebastiano, guardando il mare all’orizzonte, gli disse che li faceva i bagni e che aveva i polmoni da palombaro; gli disse ancora che stava in ospedale da quattro anni e non aveva mai toccato una donna. Il protagonista cercò di incoraggiarlo e rassicurarlo, ma poi la discussione degenerò in lite e in una piccola lotta fra di loro. Subito dopo, però, si riappacificarono perché entrarono in una stanza abbandonata dell’ospedale e videro un giaciglio sgualcito da una pressura recente di membra, e inoltre sparso di mucillagine e di capelli, come un letto di nozze abbandonato all’alba. E Sebastiano disse una frase: “Quando mi rubano tutto voglio anche regalare qualcosa”. Il protagonista non capì, ma gli mise una mano sulla spalla per tranquillizzarlo. Al ritorno, il bambino Adelmo gli portò una lettera di Marta che gli annunciava che si sarebbero rivisti la domenica successiva.

XI capitolo: “La seconda giornata con Marta in città”. Il protagonista e Marta si incontrarono la domenica successiva. Trascorsero la giornata parlano e girovagando, finendo sul molo del porto. A mezzogiorno si fermarono a mangiare in una trattoria e il protagonista le raccontò della sua infanzia. La sera sostarono al porto e videro una camionetta di finanzieri che portava via un contrabbandiere. Marta commentò con queste parole: “Hanno preso un contrabbandiere. E noi che viviamo di frodo, e trasportiamo una morte di frodo, nessuno ci perquisisce”.

XII capitolo: “La fucilazione dell’ufficiale tedesco”. La sera insieme andarono in una stanza ad ore, dove, stesi l’uno accanto all’altra, ascoltarono una canzone alla radio. Marta gli raccontò che effettivamente durante la guerra stava con un ufficiale tedesco. Un giorno, i partigiani scoprirono il loro nascondiglio, lo presero e lo fucilarono in un posto solitario con gli occhi bendati. Lei lo seguì fino all’ultimo momento e lo vide morire. I partigiani le rasarono i capelli, come collaborazionista dei tedeschi. Fuggì e andò in città; di sera lo aspettava, ma lui non tornò più. Infine si accorse che sputava sangue e andò a ricoverarsi all’ospedale “la Rocca”.

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Modica 21/ 09/ 2018                                                                                             Prof. Biagio Carrubba

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