APOLOGIA DELL’ATEISMO N. 6.

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Io, B. C., penso, suppongo e giudico che le prime popolazioni protostoriche antiche, ma già civilizzate, per evoluzione, filogenetica ed ontogenetica, cominciarono a fabbricare le prime armi, sia per cacciare gli animali ma, anche, per combattere, vincere e distruggere altri gruppi umani, sia per conquistare altri territori e sia per aumentare il proprio potere regale e personale. Si può dire e supporre, dunque, che per più di 300 mila anni, gli uomini della preistoria non ebbero mai la necessità di pensare all’idea di Dio perché la loro evoluzione, sociale e mentale, lenta e lunga, non richiedeva la necessità di rivolgersi ad un Essere superiore che risolvesse i problemi esistenziali e che salvasse gli uomini preistorici dalla morte. Io, B. C., penso, reputo e suppongo, anche, che gli uomini della preistoria non avessero in mente né l’idea né il concetto di Dio perché tutti erano indaffarati a procurarsi i beni di prima necessità, senza preoccuparsi né della paura della morte né di un Essere che li salvasse dalla morte. Però, quando i primi uomini protostorici, delle popolazioni più civilizzate e più evolute, all’incirca tra i 25.000 e i 20.000 anni fa, cominciarono a sentire il bisogno di chiedere aiuto e protezione per ripararsi e difendersi dai nemici o dalle intemperie del clima, allora, alcuni uomini, deboli e fragili, cominciarono a chiedere aiuto ed immaginarono, nei loro pensieri, un Essere superiore a loro, chiamato Dio, che fosse capace di salvarli dalle intemperie climatiche e dalla morte. Quindi, io, B. C., penso, suppongo e reputo che questi primi uomini protostorici, alzarono gli occhi, le mani e le braccia al cielo, si rivolsero, evocarono e invocarono questo Essere superiore chiamandolo Dio. Io, B. C., penso, suppongo e reputo che i popoli protostorici supposero, immaginarono e pensarono che questo Essere, vivo, eterno, onnipotente e onnisciente, potesse abitare sopra la Terra, nella volta sterminata del cielo; inoltre, io, B. C., penso, suppongo e giudico che le popolazioni protostoriche immaginarono e supposero che gli dei, inventati nella loro mente, potessero proteggerli dagli altri popoli ostili o dalle intemperie climatiche e infine sperarono che gli dei potessero, anche, salvarli dalla morte. Dunque, ebbene, io, B. C., penso, suppongo e reputo che l’idea di un Essere superiore ed eterno, onnipotente e onnisciente nacque in quel preciso momento, nella protostoria, cioè nel momento della presa di coscienza della debolezza e della fragilità dell’uomo di fronte alla natura ostile e di fronte alla malvagità di altri popoli. Inoltre, io, B. C., penso, reputo e suppongo che, proprio in quel processo storico, dunque nella protostoria, cioè dai 25.000 anni ai 15.000 anni di tempo fa, nacque, per la prima volta, l’idea di Dio. Io, B. C., penso, giudico e reputo che in quel periodo di tempo nacque, anche, il concetto di Dio, come un Essere superiore a tutti, formulato o dal primo popolo o dal primo uomo che concepì il concetto di Dio come l’immagine di un Essere superiore ed eterno, che lo raffigurò ad immagine e a somiglianza degli uomini. Prima della protostoria, dunque, io, B. C., penso, reputo e suppongo che nessun gruppo umano preistorico pensò ed elaborò l’idea di Dio, e ciò dimostra, efficacemente e oggettivamente, storicamente e filogeneticamente, la prova della inesistenza di Dio. Io, B. C., dunque, penso, reputo e suppongo che l’idea di Dio, nel periodo preistorico, non ci sia mai stata, né sia stata elaborata dalla mente di un solo uomo vivente preistorico sul pianeta Terra. Io, B. C., penso, reputo e suppongo che nessun uomo preistorico abbia mai formulato ed elaborato l’idea di Dio, un Essere tanto potente e forte, che potesse salvare gli uomini dalla morte. Quindi, io, B. C., penso, reputo e suppongo che furono gli uomini protostorici che iniziarono a pregare e a invocare Dio, come un Essere superiore, capace di intervenire e salvare quegli uomini dalle intemperie climatiche e dalla morte. È facile intuire che gli uomini protostorici cominciarono a implorare l’aiuto di Dio per tutte le volte che essi erano succubi delle intemperie climatiche o avevano paura della morte. Da queste mie riflessioni sopraesposte, io, B. C., penso, giudico e reputo che questo fatto, cioè l’assenza o la mancanza dell’idea di Dio, nell’età preistorica, costituisca, per me, una prova, inconfutabile, incontrovertibile e necessaria, della inesistenza di Dio. Inoltre, io, B. C., penso, reputo e sostengo che il fatto che non ci sia stata l’idea di Dio, sulla faccia della Terra, per milioni di anni e per milioni di uomini, che hanno vissuto e pensato, prima della protostoria, vera e propria, costituisca per me la prova e la controprova più convincente ed oggettiva per mostrare e dimostrare, filogeneticamente e ontogeneticamente, l’inesistenza di Dio. Perciò, io, B. C., affermo, deduco, sostengo e dichiaro che Dio, come Essere superiore ed ontologico, non è mai esistito e non esisterà mai. Io, B. C., penso, reputo e sostengo che l’idea di Dio è soltanto il frutto dell’immaginazione e del pensiero del cervello umano, cosicché quando la mente umana scomparirà, anche l’idea di Dio scomparirà. Inoltre, io, B. C., penso, reputo e giudico che tutte le ipotesi religiose, teologiche, o scientifiche o logiche, che vogliano tentare di spiegare l’origine dell’idea di Dio, sono soltanto letteratura, poesia, favole, miti, menzogne, chimere e suggestioni metafisiche, che non hanno niente di scientifico e di razionale e niente di concreto e di reale. Inoltre, io, B. C., penso, reputo e suppongo che la differenza tra la mancanza di idea di Dio, negli uomini preistorici, e l’elaborazione del concetto di Dio negli uomini protostorici, costituisca una prova logica, esistenziale e filogenetica, ma non epistemologica né scientifica della dimostrazione della inesistenza di Dio. Infine, io, B. C., dunque dico, deduco, arguisco, sostengo e affermo, in sintesi, che la genesi dell’idea di Dio ha una genesi storica e filogenetica; inoltre, io, B. C., penso, immagino e suppongo che l’idea di Dio non può avere una prova e un’origine metafisica, cioè fuori dalla mente umana, perché l’idea di Dio e il concetto di Dio sono innati nella mente degli uomini. Inoltre, per procedere in questo paragrafo, io, B. C., penso, immagino e suppongo che l’idea di Dio è stata sopita e placata, per milioni di anni, nella mente degli uomini e immagino e penso, anche, che essa non sia nata fuori dal cervello umano, cioè non è stata calata dall’alto; insomma, io, B. C., penso, reputo e giudico che l’idea di Dio o il concetto di Dio non sia un’idea trascendente (come suppose san Tommaso) e non sia nemmeno un a priori trascendentale (come suppose E. Kant) perché l’idea di Dio fa parte della sensibilità umana, anzi l’idea di Dio è secondo me un’idea innata e stampata nel cervello degli uomini ed elaborata e resa consapevole dalla mente e dalla coscienza degli uomini che l’hanno immaginata come un’idea generale per spiegare l’origine del mondo. Ma ormai la scienza ha dimostrato falsa e bugiarda la tesi creazionistica della Terra e dell’Universo da parte di un Dio immaginario che non esiste nella sua realtà e nel suo essere ontologico. Insomma, io, B. C., penso, suppongo, immagino e ritengo che l’idea di Dio, per milioni di anni, è rimasta sopita e in potenza nel cervello degli uomini preistorici; poi, con il passare dei secoli, per filogenesi e per ontogenesi, l’idea di Dio è nata, si è svegliata e si è sviluppata nella mente degli uomini protostorici ed è passata in atto negli uomini storici. (Uso un linguaggio aristotelico). Così gli uomini storici, per tremore e per timore, hanno inventato, immaginato e creato l’idea di Dio, ma non soddisfatti gli hanno dato, anche, un nome, un corpo, un’anima, un’idea e una volontà. Inoltre, io, B. C., voglio esprimere il mio ragionamento, filosofico e pragmatico, con parole più semplici, affermando che prima l’idea di Dio, negli uomini preistorici, era assopita e addormentata nella loro mente; poi l’idea di Dio, negli uomini protostorici, per fragilità e debolezza, si è svegliata e creata, assegnandole, anche, una figura umana, un nome, un corpo, un’anima, un’idea e una volontà. Insomma, io, B. C., penso, reputo e giudico che l’idea di Dio si è trasformata nel concetto di Dio, quando i primi uomini ormai civilizzati, trasferirono a Dio le proprie qualità personali e quindi immaginarono Dio,  da un Essere, onnicomprensivo e senza nessuna identità, e lo trasformarono in un Dio personalizzato, volenteroso, volubile e mobile; infine, lo trasformarono, anche, in un Dio, animoso e litigioso, così come gli uomini, protostorici e storici, se lo immaginavano nella propria mente e somigliante alla loro personalità e al proprio carattere. Infine, in Europa e poi in Grecia, il concetto di Dio si trasformò ancora un’altra volta, quando i greci fecero accoppiare Zeus ad un’altra dea che fu sua moglie: la dea Era. Dall’unione di Zeus ed Era nacquero i figli, ma Zeus rimase sempre un grande viveur e un grande amante per molte altre dee e per molte donne umane che erano felici di accoppiarsi con lui per avere e generare una prole divina. Infine, io, B. C., penso, reputo e suppongo che i Greci, con la loro cultura, con i loro miti, con i loro poeti e con i loro tragediografi, trasformarono Zeus, Dio imperante dal cielo, e lo trasferirono nella tragedia trasformandolo, da Dio eterno, personificato e vivo, nel Deus ex machina che scendeva, al momento opportuno, dall’alto del teatro per portare e dare il lieto fine alla tragedia che si svolgeva sul palco del teatro.

Modica, 04 agosto 2023 Prof. Biagio Carrubba

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