Breve trama del romanzo “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini.
Prima parte.
Conversazione in Sicilia è un romanzo autobiografico che racconta la storia di Silvestro, il protagonista che, insoddisfatto e depresso per la vita che gli toccava vivere in una città del nord, e impotente e rassegnato alla guerra che si stava svolgendo in Spagna, si sentiva apatico dinanzi ai manifesti dei giornali sui massacri della guerra in Spagna. Era diventato indifferente a tutto ciò che gli accadeva sia in famiglia che con gli amici con i quali rimaneva muto. Un giorno gli arrivò una lettera dal padre che lo informava di avere abbandonato la madre e di essere scappato con un’altra donna; il padre lo invitava, insieme agli altri figli, ad andare a trovare la madre rimasta sola in Sicilia. Silvestro lesse la lettera e nella sua indifferenza totale provò una scura nostalgia di riavere la sua infanzia (pag. 136). Allora, quasi come un automa, andò alla stazione e di fronte alla prospettiva di ritornare alla vecchia quiete della vita di sempre o andare in Sicilia per riscoprire la sua infanzia, scelse questa seconda strada. Così acquistò il biglietto e poco dopo salì sul treno e partì per la Sicilia nella indifferenza più assoluta tra il ritornare a casa e l’andare a trovare la madre. Dopo un giorno di viaggio in treno, si trovò sul battello-traghetto per la Sicilia. Arrivò a Messina e qui un piccolo siciliano, che vendeva arance lo scambiò per un americano. Prese il treno per Catania e nello scompartimento incontrò altri piccoli siciliani, tra cui un signore, “grande, un lombardo o normanno, forse di Nicosia”, (pag. 155) che Silvestro soprannomino Gran Lombardo, il quale parlò a tutti i presenti nello scompartimento e disse che oramai “i vecchi doveri” erano superati e ce ne volevano “altri, dei nuovi doveri, e più alti, verso gli uomini” (pag. 161). Questo discorso ebbe molte ripercussioni sullo stato d’animo di Silvestro il quale cominciò a cercare nuovi doveri e a non credere più a quelli vecchi. Poi a Catania scesero tutti i passeggeri tranne Senza Baffi che lo accompagnò fino a Siracusa e che nel tragitto gli offrì un pezzo di pesce d’uovo. A Siracusa scesero insieme alla stazione ma ormai Silvestro aveva cominciato a sentirsi più vivo e vitale con sé stesso e meno passivo verso gli altri.
Seconda parte.
Arrivato a Siracusa, Silvestro prese il treno secondario per la zona interna della Sicilia. Pernottò a Vizzini e il giorno dopo a mezzogiorno arrivò a casa della madre. Ora era contento di essere arrivato fino a casa della madre e si sentiva come se fosse entrato in una quarta dimensione (pag. 178) perché si sentiva in movimento e il suo viaggio stava per iniziare. Riconobbe la casa dell’infanzia, entrò e chiamò Concezione Ferrauto. La madre lo riconobbe subito e lo invitò a mangiare una aringa che stava cuocendo sopra il braciere. La madre allora cominciò a raccontare a Silvestro dei particolari dell’infanzia del protagonista, come il salto dal treno in corsa per abbreviare la strada dalla stazione. Silvestro ricordava il viso della madre come giovane e terribile (pag. 182). La madre raccontò anche a Silvestro che un giorno i figli mangiavano grilli per la fame e raccontò anche il carattere del nonno materno che appariva alla madre come un grande uomo perché era il primo cavaliere della cavalcata del paese. La madre gli raccontò anche della grande vitalità del nonno e intanto Silvestro guardava le mani della madre che erano “grandi, consumate e nodose” (pag. 214) mentre la sua faccia era ancora giovane e bella come una odalisca. Poi la madre gli raccontò che il padre di Silvestro aveva paura ogni volta che lei partoriva i figli, mentre loro, i figli già grandi, guardavano con occhi spalancati i momenti tragici del parto. Anche durante il parto del terzogenito, il nascituro aveva gli occhi spalancati mentre il padre alzava gli occhi al cielo come se pregasse. La madre gli raccontò anche il motivo per cui il padre era fuggito da casa e questo accadde perché si era innamorato di un’altra donna; il padre trattava tutte le altre donne come api regine e non come sporche vacche come lei pensava meritassero di essere definite. A questo punto Silvestro chiese se anche la madre qualche volta fosse andata con altri uomini nel vallone; la madre, impassibile, gli raccontò che effettivamente un pomeriggio d’estate passò un viandante pieno di arsura e di fame a cui lei diede una pagnotta calda (pag.226) e non solo quello ma anche “altro”, che lei con amore cristiano voleva soddisfare (pag. 228). Silvestro restò sorpreso e infastidito da questa notizia e chiese se il viandante fosse ritornato altre volte; la madre rispose che ritornò varie volte e in alcuni casi le portò qualche regalino. Ma poi non ritornò più e la madre si spiegò l’assenza pensando che lui fosse morto in un sciopero nelle zolfare. Silvestro guardò la madre intensamente e pensò “Benedetta vacca!” (pag. 229).
Terza parte.
La madre di Silvestro si cambiò d’abito e portò con sé il figlio per andare a fare il giro delle iniezioni a dei malati del paese. Entrarono in alcune case povere, anditi di abitazioni e la madre faceva le iniezioni al buio. Silvestro capì allora che i malati che sopportavano la malattia erano più uomini degli altri uomini del genere umano perché soffrivano di più rispetto a loro. Un esempio di uomo più uomo, perché sofferente, era quello di un cinese che viaggiava in Sicilia, in una terra lontana dalla sua. Dopo le ultime punture a due malate, alle quali la madre impose la presenza di Silvestro, madre e figlio uscirono per strada, dove si udiva la musica delle zampogne delle novene.
Quarta parte.
Silvestro non volle più seguire la madre e si fermò in un grande spiazzale sotto un palazzo. Arrivò un arrotino che si rivolse a Silvestro, il quale, per fargli piacere gli diede un temperino che l’arrotino arrotò. L’arrotino allora cominciò ad elencare alcuni aspetti belli del mondo: luce, ombra, freddo, caldo, gioia, non gioia ed altri (pag. 282). Anche Silvestro condivise la gioia della bellezza del mondo. Poi l’arrotino condusse Silvestro in una bottega di cuoi dove gli fece conoscere Ezechiele, il quale, gli disse che il mondo era offeso e che loro soffrivano per il mondo offeso e non per sé stessi (pag. 286). Poi, tutti insieme, andarono da Porfirio, il panniere, il quale fu, anche lui, contento di fare la conoscenza di Silvestro; Porfirio gli parlò dell’acqua viva che avrebbe salvato il mondo offeso. Poi, tutti insieme, andarono nella locanda di Colombo dove bevvero e si ubriacarono di vino; Silvestro allora, ascoltando Porfirio, capì che quel vino annebbiava la mente e addormentava la coscienza mentre lui non voleva che ciò accadesse. Così lasciò la compagnia e ritornò a casa della madre e qui cominciò, sul pianerottolo di casa, ad immaginare che tutti “i morti, gli uccisi, si erano alzati a sedere nelle tombe, meditavano”.
Quinta parte.
Silvestro immaginò gli spiriti e le fantasime che giravano davanti casa e che potevano essere simbolo della liberazione dell’uomo. Allora sentì una voce che disse Ehm! (pag. 311). Silvestro scese sotto e si trovò nel cimitero; parlò con la voce che aveva detto Ehm! che gli disse di avere un padre che recitava il Macbeth, un fratello di nome Silvestro e aggiunse che doveva recitare in una rappresentazione. Silvestro, per consolarlo, gli tese una sigaretta che però gli restò in mano. Poi, Silvestro, entrò in casa e sprofondò in un sonno profondo; si svegliò l’indomani mattina e sentì degli spari in cielo. Mentre parlava con la madre, una donna, dalla scala, gridò: “madre fortunata!” (pag. 322). La madre allora capì che suo figlio Liborio era morto in guerra perché conosceva la retorica fascista e chiese a Silvestro perché la signora l’avesse definita fortunata. Silvestro spiegò che doveva sentirsi fortunata perché Liborio era morto in guerra per la patria e che con la sua morte l’aveva onorata perché lei l’aveva partorito. Silvestro concluse che, loro, la madre e Liborio, ormai facevano parte della storia e che lei avrebbe ricevuto una medaglia all’onore militare. Ma ora, Silvestro capì il sogno della sera precedente che era stato premonitore e così cominciò a piangere. Trasognato vide una statua di donna dedicata ai caduti in guerra e allora vide tutti i personaggi conosciuti in viaggio che lo pregavano di smettere di piangere. Silvestro si ricordò inoltre dell’Ehm! del soldato morto e lo comunicò agli altri che capirono il significato dell’interiezione ma che lui non poteva esplicitare perché era “una parola suggellata” (pag. 336). Silvestro, prima di partire, ritornò a casa dal sogno, e lì trovò la madre che lavava i piedi ad un vecchio; il protagonista cercò di capire chi fosse l’uomo ma non riuscì nell’intento. La madre smise di lavare i piedi e disse a Silvestro di avere letto, in un libro di storia, che i Gracchi non morirono sul campo di battaglia. Silvestro non rispose, la baciò e uscì di casa in punta di piedi (pag. 340). Segue la nota chiarificatrice in cui Vittorini spiega che il protagonista non è l’autore del libro e che la Sicilia è un luogo scelto a caso perché il nome Sicilia gli suonava meglio di Persia o Venezuela.
Il tema del romanzo.
Il tema del romanzo è la perdita della fiducia nella politica fascista, di fronte ai massacri della guerra in Spagna, da parte del protagonista Silvestro-Vittorini, un operaio-intellettuale del nord. Il protagonista nella sua vita privata, elabora la propria rabbia contro i massacri della guerra in Spagna ed entra in uno stato di disorientamento totale verso il mondo che lo fa diventare apatico, muto, insensibile ed indifferente verso tutto e tutti. In questo profondo stato di passività e di inerzia, Silvestro vuole riscoprire le proprie origini e la propria infanzia e per caso ritorna in Sicilia, la sua terra d’origine. Inizia quindi un viaggio interiore, fisico e psicologico, alla riscoperta della propria infanzia e della propria verità che era ben lontana dall’odio e dalla guerra del presente. Un viaggio che Vittorini definisce di quarta dimensione perché, appunto, è un viaggio che è continuamente e contemporaneamente dentro e fuori dalla realtà. Durante il viaggio Silvestro incontra il Gran Lombardo, il quale con il suo discorso di fiducia nel mondo dà a Silvestro l’input di agire e realizzare “altri doveri più alti” che non sono quelli del fascismo. Il protagonista prende coscienza che effettivamente bisogna agire sulla realtà e non rimanere passivi e vittime della politica del fascismo. Anche la lunga conversazione con la madre, che ricorda al protagonista la sua fanciullezza, aiuta Silvestro a ritornare ad inserirsi nella realtà e a non allontanarsi da essa come uno sconfitto che perde fiducia nella società. Silvestro, vedendo la madre entrare nella casa dei malati per portare una buona parola e aiutarli nella malattia, capisce che anche lui non deve essere passivo ma deve entrare nella sua realtà per realizzare, quanto meno, la propria vita. Il colloquio con l’arrotino è molto importante perché questi, esaltando le piccole grandi gioie della gente comune, in un certo qual modo, scuote Silvestro facendogli apprezzare e godere tutti gli aspetti della vita quotidiana. Anche i colloqui con Ezechiele e Porfirio servono a scuotere Silvestro per fargli seguire la propria ideologia e abbandonare quella che ora reputa non rispondente alla sua. Silvestro si rende conto che non deve seguire l’ideologia di Colombo che rappresentava la cultura ufficiale del fascismo e neanche quella di Porfirio, che rappresentava la cultura cattolica, simboleggiata, nel romanzo, dal vino che addormentava la coscienza dei protagonisti. Anche la conversazione con il fratello Liborio, alla fine del romanzo, scuote Silvestro il quale intuisce che la morte del fratello non può essere stata vana, anche se ammantata dalla retorica ufficiale del fascismo. Per cui alla fine, in uno stato di semi-coscienza, ma ormai lontano dal buio totale dell’inizio del romanzo, Silvestro lascia la Sicilia e rientra al nord, con una nuova coscienza critica attiva contro l’ideologia dominante e con una nuova consapevolezza politica e pronto ad inserirsi nella realtà sociale.
Il messaggio del romanzo.
Il messaggio è innanzitutto politico perché la genesi del romanzo è politica e, contemporaneamente, è anche un messaggio di presa di coscienza psicologica e culturale del protagonista, che attraverso il viaggio a ritroso nella sua terra d’origine, riacquista, tramite le piccole grandi conversazioni con le persone che incontra, la consapevolezza che non può tirarsi fuori dalla vita ma che deve lottare nel proprio lavoro per non diventare vittima della politica così come era successo al fratello. Un altro messaggio importante del romanzo è la conversazione che il protagonista ha con la madre e il momento in cui riesce a farle confessare i suoi rapporti extra-coniugali. In questo modo il romanzo affronta la drammaticità del sesso ed illumina la vita di questo aspetto in ogni persona mettendolo in primo piano e quindi portandolo alla luce. Io, Biagio Carrubba, penso che l’insistenza di Vittorini sulla sessualità e sulla istintività della madre del protagonista voleva essere un tema cocente, scottante, che metteva a nudo la coscienza puritana ed ipocrita della borghesia fascista degli anni ’30. Vittorini, in questo modo, tentava di dare un pugno nell’occhio alla società repressiva e compulsiva del regime fascista e uno schiaffo alla mentalità bigotta e cattolica degli anni ’30. Come questo episodio nascosto e sorprendente della vita della madre, al protagonista fa prendere coscienza della vita, così Silvestro capisce che la guerra deve essere guardata, fronteggiata e non temuta, per non essere coinvolti da essa e per limitarla nella sua azione catastrofica. Un altro messaggio del romanzo è il fatto che il protagonista, tramite le conversazioni con gente umile e non con professionisti ed intellettuali, riesce alla fine ad acquisire una nuova consapevolezza dei rapporti sociali che lo fanno evadere dalla sua apatia e lo immettono, di nuovo, attivamente nella società. Per questo motivo Silvestro rientra energicamente e attivamente dove era partito in modo apatico ed indifferente verso tutti. Un altro messaggio importante del romanzo è la figura centrale del Gran Lombardo il quale è descritto come un uomo saggio e forte che rappresenta la mentalità del popolo che vuole la pace e quindi predica altri doveri, come la pace sociale, opposti alla politica bellicista del fascismo.
La tesi del romanzo.
La tesi del romanzo è, ovviamente, la tesi di Silvestro-Vittorini che non ha mai dimenticato la sua terra di origine e pensa che in essa possa trovare la forza e l’energia capace di incoraggiarlo e rafforzarlo nella lotta contro la guerra e contro il fascismo. Il grande aiuto nel raggiungere questo obiettivo gli può venire dalla madre che rimane sempre la figura centrale per ogni figlio dato che essa rappresenta la forza originaria e primigenia per ogni individuo. Un’altra tesi universale sviluppata dal romanzo è che il potere, da sempre, partecipa a delle guerre assurde e non necessarie, come fece Mussolini in Spagna alleandosi con Hitler. Mussolini, mandando un reparto di soldati “volontari”, in effetti mandava a morire giovani che nulla avevano a che fare con i suoi scopi di dominio e di prestigio. Quindi, quando la madre di Silvestro capisce che il figlio Liborio era morto, l’unica cosa che le interessava esternare era il dolore per la perdita di un figlio, estraneo agli interessi della guerra; la madre afferma che Liborio “era un povero ragazzo. Voleva vedere il mondo. Amava il mondo” (capitoletto 45). La madre piangeva la morte del figlio e non le interessava la medaglia che il regime fascista le avrebbe dato. Silvestro, in un certo qual mondo, riesce ad attenuare il dolore della madre rendendosi, in questo caso, complice della retorica ufficiale del fascismo; ma in effetti Silvestro valorizza la morte del fratello Liborio, non come soldato fascista, ma come giovane soldato sacrificatosi per la patria, innocentemente e vittima del potere. Questa tesi, purtroppo, rimane sempre attuale, perché, ancora oggi, abbiamo altri casi analoghi come la guerra scatenata da Bush in Iraq nel 2003. Questa guerra, come quella spagnola del ’36, ha causato la morte di migliaia di giovani americani e di altre nazioni. Ogni soldato morto in guerra ritorna a casa dentro la bara avvolta dalla bandiera americana e dalle onorificenze. Il ritorno a casa di questi giovani morti per una causa non loro, procura nei genitori dolore devastante e tremendo come si è visto in tante strazianti immagini trasmesse in televisione e come accadeva alla mamma di Liborio. Un altro aspetto del romanzo, molto importante e dibattuto dai critici, è l’interpretazione della interiezione Ehm! che ancora non ha avuto una univoca interpretazione da parte dei critici, perché il contesto del capitolo (nr. XLVIII) è ambiguo e suscita diverse interpretazioni. Secondo me, Biagio Carrubba, l’interpretazione più reale dell’esclamazione Ehm! non può essere altro che pace. Liborio con quella espressione ermetica voleva, secondo me, lanciare un messaggio di pace contro la guerra in Spagna. Questo sentimento di pace del fratello viene subito recepito da Silvestro che lo comunica ai suoi conoscenti che lo seguono davanti alla statua della donna dedicata ai caduti e condividono e accettano questo sentimento di pace. Silvestro-Vittorini non poteva sostituire l’interiezione Ehm! con la parola pace perché questa sarebbe stata oggetto della censura fascista e perché colpiva direttamente la politica bellicistica di Mussolini.
Carattere dei personaggi del romanzo.
Conversazione in Sicilia è un romanzo a focalizzazione interna, cioè il narratore racconta i fatti dal suo angolo di visuale che diventa quindi una angolatura inevitabilmente ristretta e limitata. Noi lettori, quindi, conosciamo i personaggi, la trama e il finale man mano che proseguiamo nella lettura. La focalizzazione interna rende i dialoghi vivaci ed attraenti e lascia intatta la suspense fino alla fine. Un altro aspetto interessante del romanzo è anche l’indole dei vari personaggi che è sconosciuta ai lettori e che viene manifestata a poco a poco. I personaggi del romanzo principali sono quattro: Silvestro, il Gran Lombardo, la madre di Silvestro e il fratello del protagonista, Liborio. Silvestro si auto descrive subito, fin dall’inizio, come un personaggio apatico alla ricerca di una nuova via e di una nuova autocoscienza; per questo motivo non esita a ritornare in Sicilia dove spera di trovare, appunto, nuova forza umana e culturale, vergine e primigenia, che gli dia quella fiducia positiva verso gli altri e verso la vita. Silvestro troverà effettivamente questa fiducia nei personaggi che incontra e questa forza spingerà il protagonista verso la conclusione positiva del romanzo. Il Gran Lombardo, che rappresenta la mentalità siciliana, è un uomo saggio, sereno ed equilibrato che aspira alla pace e al quieto vivere di tutti i giorni ma che avverte, dentro di sé, l’aspirazione a cercare nuovi doveri e nuovi valori che sono sintetizzati implicitamente nel concetto di pace sociale. La madre del protagonista è una donna forte, fiera, indomita e ribelle che non ha paura di restare sola e che rappresenta la forza di reagire alle avversità e alla miseria. Ma la sua indole è anche caratterizzata da una forza impulsiva e disinibita che spiega la sua decisione di tradire, una volta, il marito con un viandante di passaggio. Liborio è il giovane fratello di Silvestro vittima della crudeltà del potere, che mandava tanti giovani a morire in guerra; Liborio prende pienamente coscienza della crudeltà della guerra e la trasmette al fratello che ne diventa consapevole e grazie a questa confessione egli ritorna a Milano con più consapevolezza e maggiore spirito critico. La svolta neorealistica del contenuto e la prosa leggera e ricorsiva, quasi ermetica, fanno di Conversazione in Sicilia un libro, certamente non rivoluzionario, ma un romanzo riformista, comunque sempre forte nello spezzare la mentalità e la politica fascista dell’Italia degli anni ’30.
Il linguaggio del romanzo.
Il linguaggio del romanzo è costruito con un periodare ripetitivo e con espressioni originali ed ermetiche la cui caratteristica principale è ovviamente la ricorsività di molte frasi e la ripetizione di molte espressioni che, nel loro insieme, danno al romanzo un tocco monotono ma, allo stesso tempo persuasivo, e creano una atmosfera simbolica, lirica ed elegiaca. Il linguaggio è costruito soprattutto sui continui dialoghi che Silvestro ha con vari personaggi che incontra nel viaggio in Sicilia. Questi colloqui non sono ermetici, come molti critici affermano, ma sono chiari, limpidi, spontanei, evidenti, perché si svolgono tra gente umile, di non grande cultura.
Il genere del romanzo.
Il genere del romanzo, come molti critici hanno evidenziato, è una fusione tra simbolismo, lirismo e neorealismo.
Modica, 11 settembre 2023
Prof. Biagio Carrubba

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