BREVE SINTESI DEL ROMANZO “CONVERSAZIONE IN SICILIA”
DI ELIO VITTORINI
La Genesi del romanzo.
Nella nota scritta da Elio Vittorini per la pubblicazione di “Erica e i suoi fratelli” e “La Garibaldina” nel 1956, lo stesso scrittore indica la genesi del romanzo “Conversazione in Sicilia“. In questa nota Vittorini scrive: “Io invidio gli scrittori che hanno la capacità di restare interessati al proprio lavoro pur mentre infuriano pestilenze e guerre…Noi ora abbiamo un mucchio di opere proprio grazie a una capacità simile; e io la invidio molto in chi la possiede, la considero una qualità che può rendere grande uno scrittore, e la raccomando ai giovani, ma non la posseggo. Un grosso evento pubblico può distrarmi, purtroppo, e provocare un mutamento di interessi nel mio lavoro come né più né meno una mia sventura (o ventura) personale. Così lo scoppio della guerra civile di Spagna, nel luglio del 1936, mi rese d’un tratto indifferente agli sviluppi della storia cui avevo lavorato per sei mesi di fila. Le prime notizie su Madrid e Barcellona, e sull’Andalusia, sull’Estremadura, sulle città basche, mi fermarono dinanzi a giornali che ne erano pieni come dinanzi alle sbarre abbassate di un passaggio a livello…Tutti quegli ultimi giorni di luglio. E poi tutto agosto, tutto settembre, tutto ottobre, tutto il resto dell’anno e mesi e mesi dell’anno successivo. Quando ricominciai a scrivere, verso settembre del 1937, non fu per riprendere Erica. Fu per mettere giù la prima pagina di Conversazione. E scrivere la Conversazione in Sicilia mi portò più che mai lontano da Erica…” (da Elio Vittorini – Le opere narrative – a cura di Maria Corti – Arnoldo Mondadori Editore – Serie I Meridiani – Pag. 566). Dunque la genesi del romanzo Conversazione in Sicilia è tutta dovuta a motivi politici poiché Mussolini si alleò con Hitler nella guerra civile spagnola a fianco dei fascisti di Franco che si ribellarono al legittimo governo repubblicano di Madrid scatenando la guerra civile e il primo grande massacro contro la città di Guernica. L’entrata in guerra di Mussolini risvegliò la coscienza politica di Vittorini e lo fece entrare in opposizione al fascismo avviandolo verso una critica al regime fascista e avvicinandolo ai testi marxisti, che cominciò a leggere nel 1937. Dal 1937 in poi Vittorini si dimostrò sempre più contrario al regime fascista fino al 1942 quando iniziò a collaborare, clandestinamente, con il partito comunista, in piena guerra. Nella stessa nota Vittorini parla di una svolta stilistica e di una svolta contenutistica; ormai Vittorini cercava di esprimere i sentimenti dei personaggi, non direttamente attraverso le loro emozioni, ma soprattutto attraverso i loro atteggiamenti; ecco cosa scrive lo scrittore su questa sua svolta: “Oggi io sono abituato a riferire sui sentimenti e i pensieri dei personaggi solo attraverso le loro manifestazioni esterne” (da Elio Vittorini – Le opere narrative – a cura di Maria Corti – Arnoldo Mondadori Editore – Serie I Meridiani – Pag. 567). Tutte queste prese di coscienza contenutistiche, stilistiche e politiche spiegano la genesi del romanzo Conversazione in Sicilia e ne illustrano e chiariscono anche la sua dimensione simbolica, politica e lirica che Vittorini riesce a fondere in una perfetta sintesi di scrittura chiara, limpida, con uno stile lirico e quasi ermetico ma con contenuto nuovo e quasi neo-realistico.
Sintesi del romanzo.
Conversazione in Sicilia si compone di cinque parti divise l’una dall’altra in modo distinto e chiaro. La prima parte comprende i capitoletti da I a VIII;
la seconda parte comprende i capitoletti da IX a XX;
la terza parte comprende i capitoletti da XXI a XXXI;
la quarta parte comprende i capitoletti da XXXII a XL;
la quinta parte comprende i capitoletti da XLI a XLVIII più un epilogo finale e una nota chiarificatrice.
Nel primo capitoletto della prima parte il protagonista del romanzo esprime tutta la sua indifferenza verso la società e verso gli altri e si sente privo di passione verso le cose e soprattutto pieno di rabbia contro la guerra che si stava svolgendo in Spagna che veniva esaltata dai manifesti e dai giornali (capitoletto I). Al protagonista arriva una lettera del padre il quale gli fa sapere di essere fuggito con un’altra donna abbandonando la moglie; il padre invitava, quindi, tutti i figli ad andare a trovare la madre, in Sicilia, per consolarla per la nuova situazione creatasi. Il protagonista, sconfortato e disorientato da questa apatia e rassegnazione verso tutto, vede l’offerta di un viaggio in Sicilia e nella sua indifferenza verso il mondo acquista un biglietto e sale sul treno. (capitoletto II). Il protagonista inizia il viaggio verso la Sicilia, passa la Calabria, prende il traghetto e arriva a Messina. Nello scompartimento del treno formatosi a Messina incontra e parla con vari personaggi tra cui il Gran Lombardo, un siciliano di grande aspetto e capelluto come un uomo antico, il quale parlando a tutti gli altri viaggiatori dice che ormai l’uomo deve “acquistare un’altra cognizione” e soprattutto deve adempiere a “nuovi doveri, e più alti, verso gli uomini, perché a compiere i soliti non c’era soddisfazione e si restava come se non si fosse fatto nulla, scontenti di sé, delusi”. Queste parole del Gran Lombardo arrivano come un fulmine nella coscienza buia del protagonista illuminandola e lo scuotono dal suo torpore comportamentale. (capitoletto VII).
Nella seconda parte del romanzo il protagonista arriva a casa della madre, Concezione Ferrauto, e gli sembrava “di essere entrato a viaggiare in una quarta dimensione”; comunque si rende conto di cominciare ad essere contento di avere intrapreso il viaggio ed inizia una lunga conversazione nella quale la madre gli ricorda alcuni fatti particolari della infanzia del protagonista che chiama per nome, Silvestro (capitoletto X). La madre, ricordando il marito, lo insulta definendolo “vigliacco” e lo critica perché cercava di fare il gallo in mezzo ad altre donne, amiche di lavoro, che la moglie definisce “sporche vacche”, e a cui il marito scriveva invece poesie di elogio. (capitoletto XVIII). Il protagonista, a questo punto, quasi per provocazione, chiede alla madre se anche lei fosse stata con qualcun’altro; la madre in modo sincero, e senza nessun turbamento, confessa di aver avuto rapporti sessuali con un viandante di passaggio per la Sicilia, che ritornò parecchie volte da lei e del quale mostrava di avere un piacevole ricordo. Il protagonista pensò “Benedetta vacca” (capitoletto XX).
Nella terza parte la madre inizia un giro di visite per fare delle iniezioni a dei malati del suo paese portando con sé il figlio Silvestro (capitoletto XXI). La madre entra in abitazioni scavate nella roccia e fa una puntura al primo malato (capitoletto XXII). Dopo avere girato diversi altri malati, Silvestro si accorge che, la madre fa dei discorsi contraddittori tra di loro sia ai malati che a lui (capitoletto XXIV). Ma Silvestro girando con la madre osserva attentamente la povertà delle famiglie visitate ma che comunque mostrano grande dignità di fronte alla malattia e non si lasciano abbattere dalla miseria. A questo punto Silvestro, scosso dalla povertà e dalla malattia che incontra nel giro, pensa che gli uomini soggetti alla malattia e alla povertà siano più uomini di chi invece ne è immune per cui pensa che “il genere umano non è tutto il genere umano, ma quello soltanto del perseguitato”. E tra i perseguitati ancora più sfortunati sono i cinesi perché devono vivere in una terra inospitale, la Sicilia, che non è la loro terra (capitoletto XXVII). Dopo avere visitato altri malati, ad un certo punto, Silvestro si stufa di seguire la madre e la abbandona alla fine del giro (capitoletto XXXII).
Nella quarta parte, Silvestro, rimasto solo in un largo spiazzale, incontra un arrotino al quale da un temperino che l’artigiano arrota. Nasce tra i due una breve e simpatica amicizia e l’arrotino afferma che il mondo è bello, pieno di altre cose, di luci, ombre, freddo e Silvestro concorda con questi aspetti belli del mondo (capitoletto XXXIV). L’arrotino gli fa conoscere anche Ezechiele che era un venditore di cuoi; anche Ezechiele dice che lui scriveva e descriveva tutte le offese che vengono fatte al mondo (capitoletto XXXV). I tre escono insieme ed entrano nella bottega di Porfirio, un panniere, che si congratula con Silvestro perché capisce che anche lui è dispiaciuto del mondo offeso e tutti insieme ripetono il loro amore per il mondo offeso (capitoletto XXXVII). Tutti e quattro insieme vanno in una osteria il cui proprietario è un certo Colombo che mesce vino nel boccale e tutti insieme bevono molti bicchieri fino ad ubriacarsi; l’arrotino, a nome di tutti, riafferma gli aspetti belli del mondo ma sottolinea che il mondo è offeso (capitoletto XXXVIII). Ma a questo punto Silvestro ha un attimo di presa coscienza e capisce che non può ubriacarsi ancora di più perché perderebbe ancora di più la propria coscienza e quindi abbandona tutti e lascia l’osteria per ritornare a casa da sua madre (capitoletto XXXIX).
Nella quinta parte Silvestro, dopo il lungo pomeriggio trascorso, si ritrova, ormai al buio, davanti la porta della madre e ripensa a tutti i discorsi avuti con i suoi nuovi amici (capitoletto XLI). Ad un certo punto Silvestro sente l’interiezione, Ehm! che viene dal basso a cui lui risponde. Scende giù e si accorge di essere nel cimitero; rifà il verso Ehm! a cui risponde una voce che gli dice di essere un giovane soldato e di avere un padre che recitava in Macbeth e di avere un fratello di nome Silvestro. A queste parole Silvestro grida perché si rende conto di parlare con il fratello Liborio il quale gli comunica di essere morto da trenta giorni in un campo di battaglia di una guerra nella quale combatteva da un anno (capitoletto XLII). Continua il dialogo tra Silvestro e il fratello Liborio che gli dice che ogni sera i soldati danno una rappresentazione nella quale inscenano l’azione gloriosa dove lui è morto (capitoletto XLIII). A questo punto Silvestro abbandona il sogno e ritorna a casa dove si addormenta in un sonno profondo. L’indomani Silvestro si sveglia di primo mattino e inizia un dialogo con la madre che viene interrotto da una donna che rivolgendosi alla madre le dice “madre fortunata!” (capitoletto XLIV). La donna, con quella frase, aveva comunicato alla madre di Silvestro che suo figlio Liborio era morto in guerra in Spagna. Silvestro intuisce che la madre capisce della morte del figlio e quindi inizia un discorso per tentare di convincerla che la morte di Liborio non era stata inutile bensì eroica e positiva per la patria. In questo modo, però, sembra che Silvestro difenda la retorica in auge del fascismo che appunto esaltava la morte in guerra e l’imperialismo fascista. In verità Silvestro cerca di giustificare quella morte propositiva ed eroica del fratello non per esaltare l’imperialismo fascista ma per dare un senso e un valore alla morte di una giovane vittima del fascismo che era stato convinto e circuito di andare in una battaglia non sua e sacrificarsi per il fascismo e per la patria. La madre dice che Liborio era un bravo ragazzo che amava soltanto il mondo (capitoletto XLV). Silvestro cerca di convincere la madre della necessità della morte di Liborio e la paragona a Cornelia, madre dei Gracchi, che era fiera di sacrificare i figli per l’impero di Roma. Silvestro conclude che Liborio, uscito dal mondo, è entrato nella storia (capitoletto XLVI). Silvestro guarda la madre assorta nei suoi pensieri e comincia ad immaginare una fila di persone che gli chiede perché pianga davanti a una “ignuda donna di bronzo ch’era dedicata ai caduti”. Tutti gli chiedono perché pianga e tra questi il Gran Lombardo, l’arrotino, il catanese, Coi Baffi e Senza Baffi; ad un tratto Silvestro si sveglia e smette di piangere (capitoletto XLVII). Si avvicina alla statua di bronzo, attorniato dai personaggi incontrati dal viaggio in giù e tutti guardano la statua e Silvestro afferma che essa rappresenta e celebra tutti i caduti in guerra. Ma a questo punto Silvestro ripete l’interiezione Ehm! con la quale Liborio aveva iniziato il dialogo con lui. Nell’enigma della parola Ehm! si chiude il capitolo XLVIII. Segue subito dopo l’epilogo, il capitolo XLIX, nel quale Silvestro ritorna dalla madre per congedarsi da lei e ripartire e la trova mentre lava i piedi ad un vecchio che alla vista di Silvestro nasconde il suo volto con la mano. La madre gli dice che è ritornato suo padre che però si nasconde la faccia per cui lui non lo può riconoscere bene. A questo punto la madre, rivolgendosi a Silvestro, gli dice che non è vero che i Gracchi morirono sul campo di battaglia; Silvestro lascia correre l’affermazione e sull’invito della madre a salutare il vecchio, le risponde “lo saluterò un’altra volta. Lascialo stare. E uscii dalla casa, in punta di piedi”. Segue una nota molto importante nella quale Vittorini per eludere la censura fascista, e quindi far pubblicare il libro, chiarisce che, come il protagonista della Conversazione non è l’autore del libro, così la Sicilia è per puro caso il territorio in cui si svolge l’azione solo perché questo nome suona meglio di Persia o Venezuela. Riporto la nota integrale di Vittorini: “Ad evitare equivoci o fraintendimenti avverto che, come il protagonista di questa Conversazione non autobiografico, così la Sicilia che lo inquadra e accompagna è solo per avventura Sicilia; solo perché il nome Sicilia mi suona meglio del nome Persia o Venezuela. De resto immagino che tutti i manoscritti vengano trovati in una bottiglia”.
Modica, 11 settembre 2023
Prof. Biagio Carrubba
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