
Meleagro di Gadara nacque intorno al 130 a.C. a Gadara, in Siria. In gioventù si trasferì nella città di Tiro dove soggiornò per molti anni; ed infine negli ultimi anni andò a Cos dove morì intorno al 60 a.C.. Meleagro fu tra i primi poeti a raccogliere gli epigrammi precedenti a lui in una nuova antologia da lui chiamata Corona (o Ghirlanda) dato che ogni poeta veniva paragonato ad un fiore di una corona. Il proemio alla sua ghirlanda si trova nel quarto libro dell’Antologia Palatina. Meleagro fu soprattutto un poeta di epigrammi amorosi, erotici ed omoerotici. Per questo motivo Meleagro, in parte, si ricollega agli epigrammi di Asclepiade di Samo.
Meleagro stesso racconta la sua vita, in sintesi, nell’epigramma del settimo libro dell’Antologia Palatina.
“Mia nutrice fu la città di Tiro, ma la patria che mi generò fu
Gadara, città greca nel suolo della Siria.
Nacqui da Eucrate, io, Meleagro che col favore delle muse
emulai le grazie di Menippo.
Sono Siriano: cosa c’è da stupirsi?
Il mondo è la mia patria, un solo caos generò tutti quanti i mortali.
Io, carico di anni, ho inciso questo sulla mia tomba:
la vecchiaia non è lontana dall’attesa della morte.
Tu, passante, rivolgi un saluto a me, vecchio e loquace
e possa pure tu giungere alla mia età con molta parlantina.”
A.P. Liber VII, 417.
II
Gli epigrammi omoerotici ed efebici sono concentrati nel XII libro dell’Antologia Palatina. Tra questi gli epigrammi più belli e famosi sono:
“Amanti infelici, il vento del Sud ha gonfiato le vele,
ha rapito Andragato – metà dell’anima mia.
Beate le navi, beate le onde del mare,
quattro volte beato il vento che porta il ragazzo!
Fosse un delfino! Lo porterei sulle mie spalle
fino a Rodi, dove i ragazzi sono dolci.”
A.P. Liber XII, 52
Un altro epigramma omoerotico ed efebico è quest’altro.
“Voi che ingannate la vostra anima, voi che amate – infelici!
la fiamma dei fanciulli e il miele amaro,
acqua gelida – presto! – di neve appena sciolta
versate sul mio cuore: imprudente
ho guardato Dionisio. Presto, compagni di schiavitù,
spegnete questo incendio, prima che arrivi all’anima.”
A.P. XII, 81
Gli epigrammi di questo tipo sono moltissimi, ma questo genere, era, allora comune fra gli epigrammisti.
III
Meleagro fu soprattutto un poeta d’amore e di passioni amorose e concentrò la sua attenzione soprattutto nei sentimenti che ebbe verso le donne che amò, prima fra tutte Eliodora insieme a tante altre. Gli epigrammi dedicati ad Eliodora sono fra i più belli della sua produzione poetica di epigrammista. Un esempio di questi epigrammi è questo.
“La mia anima mi dice di fuggire
l’amore di Eliodora, perché sa
le gelosie, le lacrime di un tempo.
Dice, ma io non ho forza di fuggire.
Essa mi avverte. Vero! Ma poi senza
pudore nello stesso tempo l’ama.”
A.P. Liber V, 24.
Ma l’epigramma più bello riferito ad Eliodora è quello dove lei viene definita “anima della mia anima”.
“Dentro, dentro il mio cuore, proprio Eros
ha dato forma a Eliodora che dolce
mi parla, anima della mia anima.”
A.P. Liber V, 155.
Un altro epigramma, molto bello, riferito all’amore è quello rivolto ad Asclepiada che è anche un invito all’amore.
“Languida, con gli occhi azzurri di onda silenziosa
Asclepiada ti invita a far vela nel mare dell’amore.”
A.P. Liber V, 156.
Un altro epigramma pieno di amore e passione per Eliodora è quello in cui il poeta mostra la sua ardente passione è quest’altro.
“Eros, ti prego addormenta
il furioso amore per Eliodora
che mi fa insonne, ascolta
la mia Musa che ti supplica!
Giuro per il tuo arco (che non sa
ferire un altro e sempre su di me
scaglia le frecce): se mi fai morire,
io lascerò un’epigrafe che grida:
<< Ecco, viandante, un delitto di Eros>>.”
A.P. Liber V, 215.
Un altro epigramma, graffiante e piccante, sempre rivolto ad Eliodora è quest’altro.
“Unghie di Eliodora, Eros vi ha fatto così affilate:
il vostro graffio è profondo fino al cuore.”
A.P. Liber V, 157.
L’amore di Meleagro per Eliodora era un amore vero e sentito. Quando lei muore, infatti, il poeta le dedica un epigramma sepolcrale, molto intenso e pieno di pathos.
“Lacrime anche lì, attraverso la terra
ti offro, Eliodora, reliquie d’amore,
nell’Ade, lacrime aspre sulla tomba
molto compianta, memoria dei miei desideri,
memoria del mio amore.
Ah, miseramente miseramente,
io Meleagro qui piango su di te,
cara anche tra i morti
vana offerta ad Acheronte.
Ah, dov’è il mio amato germoglio? Lo strappò Ade,
lo strappò. Ed ora la polvere sporca il vivo fiore.
Terra che ci nutri, ti supplico, accogli teneramente
nel tuo seno colei che è compianta da tutti.”
A.P. Liber VII, 476.
IV
Un’altra donna amata da Meleagro è Zenofila, alla quale Meleagro dedicò molti epigrammi spiritosi e bizzarri, paragonata al profumo dei fiori di campo, ma che lei vince.
“Già fiorisce la bianca violaciocca
e il narciso fiorisce amante d’acque
e fioriscono i gigli sulle colline.
E già, fiore che si apre in mezzo ai fiori
dolce rosa di Peito,
Zenofila fiorisce. Perché prati,
ironici, ridete spensierati
scuotendo le chiome? Si, la fanciulla
vale più delle corone odorose.”
A.P. Liber V, 144.
Un altro epigramma dedicato a Zenofila è quello in cui Meleagro manifesta tutta la sua spiritosaggine e la sua bizzarria amorosa. In questo epigramma Meleagro si rivolge ad una zanzara, a cui affida un compito ben preciso e pericoloso, ma il guadagno è molto vantaggioso per essa.
“Vola, zanzara, veloce e messaggera e sfiorando
appena le orecchie di Zenofila sussurrale così:
<<Vegliando ti attende e tu, dimentica chi ti ama, dormi>>.
Orsù, vola, sì, musicista, vola.
Ma parla piano, che tu non desti chi le dorme accanto
e ne susciti contro di me le furie gelose.
Se mi condurrai la fanciulla,
ti vestirò di una pelle di leone, zanzara,
e ti metterò in mano una clava.”
A.P. Liber V, 152.
V
Ma l’ epigramma più bello di tutti di Meleagro, è, secondo me, quello dedicato alla descrizione della Primavera, perchè mentre quelli amorosi ed erotici erano comuni a tutto il genere degli epigrammisti, questa descrizione della primavera è unica, personale e pregevole.
“Quando l’inverno, il vento si allontanano,
splende in fiore ridente Primavera.
La nera terra si copre di tenero
verde e le piante germogliano e si ornano
di nuove foglie. E i prati lieti bevono
la limpida rugiada dell’aurora
mentre s’apre la rosa. E per i monti
gode il pastore al suono dello zufolo,
gode il capraio dei bianchi capretti.
E già su larghe onde i marinai navigano
il mite soffio di Zefiro tende
le vele; e incoronati di crespa edera
ad alta voce salutano Dioniso,
dio dell’uva. E le api, nate dai buoi,
s’affrettano alle sottili, graziose
opere, e dentro l’alveare modellano
la bianca molle cera in armonia
di mille celle. Ovunque, acutamente
cantano gli uccelli: gli alcioni sulle onde,
le rondini intorno alle gronde, gli usignoli
nei boschi, i cigni in riva ai fiumi.
E se liete sono le cime delle piante
e la terra è in fiore, e il pastore zufola
e si rallegra la mandria lanosa
e i marinai navigano, e se Dioniso
muove le danze e cantano gli uccelli
e nascono le api, come può il poeta
non alzare un bel canto alla Primavera?”
A.P. Liber IX, 363.
VI
Meleagro, oltre a scrivere molti molti epigrammi sull’amore, sulla sua passione amorosa, descrive anche molte volte Eros, il bambino alato figlio di Afrodite che fa impazzire gli uomini e le donne.
“Che meraviglia se Amore flagello degli uomini, avventa
le ardenti frecce, e amaro coi lucidi occhi ride?
La madre non è l’amante di Ares,
non è la moglie di Efesto, divisa tra fuoco e spade?
E madre della madre non è la distesa marina
che urla aspra sotto la sferza dei venti?
E il padre è Nessuno figlio di Nessuno.
Perciò ha la fiamma di Efesto,
una furia simile a quella dei flutti e
ama i dardi insanguinati di Ares”.
A.P. Liber V, 180.
Un altro epigramma in cui Meleagro descrive la passione amorosa è quest’altro.
“Sempre ho nelle orecchie il ronzìo di Eros,
e gli occhi silenziosi versano una dolce lacrima agli Amori.
Nè la notte mi placa, nè il giorno: i filtri ormai
mi hanno impresso nel cuore un chiaro marchio.
Alati Amori, che planate sempre su di me,
riprendere il volo è poi tanto difficile?”.
A.P. Liber V, 212.
E per finire in bellezza, io, Biagio Carrubba, riporto un altro epigramma di Meleagro, in cui il poeta esprime il suo giudizio sull’amore, tanto bello ed affascinante, quanto imprevedibile, fuggevole ed aleatorio.
“Eros, in grembo alla madre, scherzando
giocò all’alba coi dadi la mia anima.”
A.P. Liber XII, 47
Modica, 30 maggio 2015
Biagio Carrubba
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