
Nel I Capitoletto Pascoli afferma: “È dentro di noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi…Il quale scompare quando siamo occupati a litigare e a perorare la causa della nostra vita…Non l’età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi invita forse e aiuta, mancando l’altro chiasso intorno, ad ascoltarla nella penombra dell’anima”.
Nel II Capitoletto Pascoli afferma che Omero scrisse l’Iliade e l’Odissea grazie al suo fanciullino interiore.
Nel III Capitoletto Pascoli afferma che: “Il fanciullino è quello, dunque, che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei. Egli è quello che piange e ride senza perché di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione…È quello che in un cantuccio dell’anima di chi più non crede…Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri perché vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol dire la selce che riluce…Egli è l’Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli scopre nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose.”
Nel IV Capitoletto Pascoli afferma: “Il fanciullino è quello che ci permette di ragionare senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero e ci trasporta nell’abisso della verità”.
Nel V Capitoletto Pascoli afferma: “Il fanciullino vede tutto con meraviglia o tutto come per la prima volta. L’uomo, le cose interne ed esterne non le vede come le vedi tu: egli sa tanti particolari che tu non sai…Ad ogni modo per la poesia la giovinezza non basta: la fanciullezza ci vuole”.
Nel VI Capitoletto Pascoli riprende Platone e dice: “Se tu conoscessi Platone, ti direi che come egli ha ragione nel volere che i poeti facciano mythous e non logous, favole e non ragionamenti, così non ho torto io nel pretendere che i ragionatori facciano logous e non mythous”.
Nel VII Capitoletto Pascoli scrive la prima poesia sul fanciullino.
Nel VIII Capitoletto Pascoli si sofferma sulla poesia e dice che: “La poesia in quanto è poesia, la poesia senza aggettivo, ha una suprema utilità morale e sociale… È il sentimento poetico il quale fa pago il pastore della sua capanna, il borghesuccio del suo appartamentino ammobiliato sia pur senza buon gusto ma con molta pazienza e intelligenza… Poesia è trovare nelle cose, come ho a dire? Il loro sorriso e la loro lacrima”.
Nel IX Capitoletto Pascoli parla di Virgilio.
Nel X Capitoletto Pascoli afferma che: “La poesia è quella che migliora e rigenera l’umanità, escludendone non di proposito il male ma naturalmente l’impoetico”.
Nel XI Capitoletto Pascoli afferma che: “Il poeta, se è e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce perciò ispiratore di buoni e civili costumi, d’amor patrio e familiare e umano…Ma il poeta non deve farlo apposta. Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spade e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti, un artista che nielli e ceselli l’oro che altri gli porga… Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detto”.
Nel XII Capitoletto Pascoli afferma che: “La poesia non si evolve e involve, non cresce o diminuisce; è una luce o un fuoco che è sempre quella luce e quel fuoco: i quali, quando appariscono, illuminano e scaldano ora come una volta, e in quel modo stesso”.
Nel XIII Capitoletto Pascoli afferma che: “La poesia benefica di per sé, la poesia che di per sé ci fa meglio amare la patria, famiglia ed umanità, è dunque, la poesia pura, la quale di rado si trova…”.
Nel XIV Capitoletto Pascoli afferma che: “L’arte del poeta è sempre una rinunzia. Ho detto che deve togliere non aggiungere: e ciò è rinunzia. Deve fare a meno di tanti ghirigori, così facile a farsi di tante bellurie, così piacevole alla vista, di tante dorature che danno tanta idea della propria ricchezza: e questa è rinunzia”.
Nel XVII Capitoletto Pascoli afferma che: “La poesia vera fa battere semmai il cuore mai le mani”.
Nel XIX Capitoletto Pascoli scrive la seconda poesia sul Fanciullino.
Nel XX Capitoletto Pascoli afferma che: “La poesia, per ciò stesso che è poesia, senza essere poesia morale, civile, patriottica, sociale, giova alla moralità, alla civiltà, alla patria, alla società. Il poeta non deve avere, non ha, altro fine (non di ricchezza, non di gloriola o di gloria) che quello di riconfondersi nella natura, donde uscì, lasciando in essa un accento, un raggio, un palpito nuovo, eterno, suo…Quando fioriva la vera poesia; quella, voglio dire, che si trova, non si fa, si scopre, non s’inventa; si badava alla poesia e non si guardava al poeta; se era vecchio o giovane, bello o brutto, calvo o capelluto, grasso o magro: dove nato, come cresciuto, quando morto…E tu o fanciullo vorresti fare quello che fecero quei primi, quel compenso che quei primi ne ebbero; compenso che tu reputi grande, perché sebbene non nominati, i veri poeti vivono nelle cose le quali per noi fecero così”.
Modica, 17 luglio 2019 Prof. Biagio Carrubba
Rivisto e riordinato oggi 30 giugno 2023
Rivisto e pubblicato oggi 04 luglio 2023.

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