
I
Introduzione al percorso ideologico e politico di Pascoli.
Giovanni Pascoli durante gli anni universitari aderì alle idee del socialismo che allora si diffondevano in Romagna e subì in particolare il fascino di Andrea Costa che allora era conosciuto in tutta l’Emilia-Romagna. Nel 1879 Pascoli fu arrestato per avere partecipato ad una manifestazione contro il governo. In questa occasione fu messo in carcere per tre mesi da settembre a dicembre del 1879. Dopo la terribile ed umiliante esperienza del carcere, Pascoli, smise di fare politica attiva e riprese a studiare laureandosi a Bologna il 17 giugno del 1882. Dal 1882 al 1895 Pascoli allargò ed ampliò il suo socialismo di base aggiungendovi idee prese dal cristianesimo ed affermano la necessità della fratellanza umana. A questi elementi di base Pascoli aggiunse anche elementi del francescanesimo e dell’evangelismo pacifista e fece un appello alla bontà, all’amore, alla fratellanza e alla solidarietà tra gli uomini. Nel 1897 Pascoli lesse un articolo di D’Annunzio nel quale egli difendeva la piccola proprietà privata; Pascoli si entusiasmò di questo discorso e scrisse il poemetto “La Siepe” in cui esaltava la piccola proprietà privata contadina. Da questa data in poi Pascoli si allontanò completamente dal socialismo tanto che in una lettera del giugno 1900 al Mercatelli, il poeta dichiarò: “introdurre il pensiero della patria e della nazione e della razza nel cieco e gelido socialismo di Marx”. Dal 1900 in poi Pascoli assimilò e fece sue le idee del nazionalismo che in quegli anni veniva difeso e divulgato dall’avvocato Enrico Corradini il quale con il suo giornale “Il regno” esaltava il nazionalismo italiano indicandone come finalità quella che l’Italia dovesse diventare una nazione militare e nazionalista e colonialista. Così quando l’Italia dichiarò guerra alla Turchia per la conquista della Libia e iniziò la guerra con un corpo di spedizione militare, nell’agosto del 1911, Pascoli in piena guerra, nel novembre del 1911, scrisse il suo ultimo scritto politico “La grande proletaria si è mossa” con il quale difendeva l’invasione italiana della Libia per diversi motivi. In questo scritto Pascoli affermava che l’Italia doveva conquistare la Libia per evitare agli emigranti italiani di andare in America dove erano trattati e maltrattati come negri e la conquista della Libia avrebbe permesso di conquistare nuove terre ai contadini italiani che così avrebbero avuto nuove terre italiane proprie e avrebbero portato la civiltà tra quei popoli. La guerra avrebbe portato pace e lavoro e lo scritto termina con l’immagine di un soldato italiano che salva una bimba araba che sarà educata come un’italiana e quindi diventerà figlia della guerra italiana.
Le idee fondamentali della Ideologia sociale di Pascoli.
La prima fondamentale aspirazione personale e sociale del Pascoli fu quella di ricostituire e ricostruire il “nido”. Dopo la tragedia famigliare dell’assassinio del padre rimasto invendicato e che causò anche la morte della madre e di altri fratelli, il Pascoli sentì sempre che una ingiustizia circola nell’umanità. Dopo lo sbandamento e il disorientamento del carcere Pascoli abbandonò la politica e cercò di ricostruire il nido della sua casa distrutto dalla malvagità degli uomini. Dopo aver conseguito la laurea e il posto di insegnante di liceo a Matera cominciò a ricostruire il nido distrutto della sua famiglia. Dapprima riportò le due sorelle Ida e Mariù dal convento di Sogliano nella sua nuova casa di Massa. Veniva così ricostituito dopo lunghi e faticosi anni il “nido” tanto agognato e dal quale egli mai saprà né vorrà mai allontanarsi, coperto com’era da una calda quanto gelosa protezione delle due donne che fin d’ora si dedicarono interamente a lui, custodi impenetrabili delle sue emozioni ed affetti. Nel 1886 si trasferisce a Livorno e poi nel 1895 a Castelvecchio di Barga. E quando la sorella Ida gli comunica che si sposerà Pascoli reagirà con un irrazionale rammarico e di gelosia. Mentre Maria gli restò fedele per tutta la vita: insieme vissero nella nuova casa di Barga, dove Giovanni volle che le due testate dei letti fossero appoggiati testa a testa. La seconda fondamentale aspirazione sociale fu quella di acquistare e difendere la siepe. Al mito del “nido” si collega l’altro mito fondamentale della “siepe”, che protegge il campicello, simbolo della piccola proprietà campagnola. Pascoli si sentì sempre un uomo di campagna, e tale sembrava anche nel suo aspetto fisico. Idealizzando la campagna e il campicello protetto dalla siepe, Pascoli compie la sua scelta di classe, identificandosi con la piccola borghesia rurale, contrapposta sia alla degenerazione della classe politica dominante sia al disumano processo di concentrazione capitalistica che investiva le campagne. La terza fondamentale aspirazione sociale fu la difesa della piccola proprietà contadina, identificata da Pascoli nella Siepe. La quarta fondamentale aspirazione sociale fu la conquista di nuove terre per soddisfare i bisogni degli emigranti italiani. Dopo gli anni giovanili nei quali il Pascoli aderì al socialismo umanitario e internazionalistica di Andrea Costa, dopo il 1896 il Pascoli invertì la tendenza e si avvicinò alle idee del nazionalismo italiano per dare le terre necessarie ai lavoratori italiani, costretti ad emigrare in terre straniere e lontane.
Modica, 13 luglio 2019 Prof. Biagio Carrubba
Rivisto e pubblicato oggi 04 luglio 2023

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