Le poesie scritte da Salvatore Quasimodo tra il 1960 e il 1963 esprimono un periodo difficile per il poeta perché era rimasto solo, dopo la separazione dalla moglie Maria Cumani. Si può dire che, senza dubbio, in questi tre anni Quasimodo visse un periodo molto difficile e di solitudine sul piano personale attenuato, però, dal conferimento del premio Nobel ricevuto nel 1959, sia dalla relativa fama, e sia dai suoi frequenti viaggi in tutto il mondo. Ma, per sua fortuna, Quasimodo nel marzo del 1963, conobbe e si innamorò di Curzia Ferrari che gli ricambiò l’amore per cui la vita e i sentimenti del poeta cambiarono vertiginosamente e lo portarono ad avere un rapporto positivo e soddisfacente per tutti gli ultimi anni della sua vita, grazie all’amore della sua giovane donna. Dunque le poesie scritte dopo il 1963 risentono di questo stato positivo da parte del poeta che viene espresso in cinque brevi, ma intense e sentite, poesie d’amore. Le prime tre poesie, scritte nel 1965, sono contenute nell’opera poetica “DARE E AVERE” pubblicata nel 1966 e sono: “Il silenzio non m’inganna”, “Balestrieri toscani” e “Poesia d’amore”. Le ultime due poesie furono scritte nel 1967 e rimasero inedite e sono state riportate, postume, nel bel libro “Senza di te, la morte – Lettere a Curzia Ferrari (1963 – 1968). – Archinto Editore – 2001). Le due poesie sono: “Mi chiedi parole. Ma il tempo” (pag. 54) e “Che breve notte” (pag. 55). Una delle caratteristiche in comune alle cinque poesie è che tutte sono poesie d’amore ma non sono poesie romantiche, cioè non hanno né un afflato né un desiderio amoroso, né un sentimentalismo dolciastro bensì hanno una propensione e una tensione razionale, sobria, contenuta, misurata sia nella forma, sia nel contenuto. Il linguaggio è semplice e lineare e il sentimento implicito è molto frenato e controllato dal poeta che si dimostra distaccato dalla sua situazione e dalla sua passione. Il poeta nomina appena la donna amata, anche se noi sappiamo dalle lettere indirizzate a lei, che il poeta fremeva ed ardeva per lei la quale ricambiava, perfettamente, l’amore per il poeta.
Prima poesia per Curzia Ferrari.
Testo della poesia “Il silenzio non m’inganna”.
Distorto il battito
della campana di San Simpliciano
si raccoglie sui vetri della mia finestra.
Il suono non ha eco, prende un cerchio
trasparente, mi ricorda il mio nome.
Scrivo parole e analogie, tento
di tracciare un rapporto possibile
tra vita e morte. Il presente è fuori di me
e non potrà contenermi che in parte.
Il silenzio non m’inganna, la formula
è astratta. Ciò che deve venire è qui,
e se non fosse per te, amore,
il futuro avrebbe già quell’eco
che non voglio ascoltare e che vibra
sicuro come un insetto della terra.
“Il silenzio non m’inganna” è la prima poesia d’amore contenuta in “DARE E AVERE”. Il tema della poesia è l’amore verso la sua giovane amante che Quasimodo aveva conosciuto due anni prima e di cui era molto innamorato. L’incipit della poesia è dato dal suono della campana della Chiesa di San Simpliciano che il poeta sente dalla sua finestra. Il poeta si trova a casa, solo, e sta scrivendo poesie sulla vita e sulla morte ma si rende conto che la vita che gli resta da vivere è ormai ridotta ad una piccola parte rispetto al tempo che fugge fuori velocemente e questo presente non lo potrà più contenere perché la morte è ormai prossima. Infatti il silenzio del titolo si riferisce alla morte che, anche se silenziosa, si sta approssimando e che lui ode interiormente come una voce chiara e forte. Quasimodo infatti capisce che quel silenzio è ormai l’ultimo tempo della sua vita e sa bene che gli rimane ormai ben poco da vivere. Ma per fortuna c’è la sua donna che con il suo amore, tenero e furioso, gli riempie la vita e gli fa sembrare meno pessimistico e meno doloroso il futuro. Questo futuro il poeta lo sente dentro come un assillo che si ripete come “una eco”, fastidiosa e molesta, e che si trasforma, dentro le sue orecchie, in un ronzio, fastidioso e continuo, come un insetto della Terra. Il messaggio della poesia è quello di ribadire a sé stesso che la sua vita, nel suo presente attuale, è salvata dall’amore della sua giovane donna che gli procura e gli dà la forza di vivere e di non lasciarsi ingannare dal silenzio della morte. La poesia è una lirica d’amore dedicata ed indirizzata alla sua giovane donna a cui Quasimodo mostra tutta la sua gratitudine e il suo affetto per questo amore sincero e fedele che riceve. La poesia è scritta con un lessico facile e lineare anche se vi sono alcune figure retoriche come alcune enallage che rendono la lexis scabra e variegata. La poesia contiene solo poche figure retoriche tra cui una enallage al primo verso (distorto) e vari enjambement che spezzano il ritmo dei versi distribuendolo in versi successivi. Lo stile della poesia è molto semplice anche se alcuni versi raggiungono una sintassi ermetica. Il tono emotivo della poesia esprime una rassegnazione verso il presente attenuata, però, dal sentimento dell’amore di lei e dalla consapevolezza del poeta della morte che si avvicina. La lexis è piana, ordinata e misurata e le frasi sono brevi e concise con una sintassi paratattica. La bellezza della poesia è dovuta al fatto che l’espressività dell’amore del poeta non è dispiegata né in forma violenta o furiosa né in forma languida o dolciastra, bensì è misurata, razionale e distaccata. Infatti l’amore è controllato, per cui il sentimento amoroso risulta piano e pacato. Le immagini si susseguono con linearità seguendo i suoni esterni ed interni: dal suono esterno della campana dell’incipit al silenzio della sua stanza, al silenzio interiore della morte a cui segue, invece, nel finale la sua anima che ode il ronzio fastidioso dell’insetto che rappresenta il futuro che avrebbe una maggiore incidenza e una maggiore forza demolitrice e deprimente se non ci fosse l’amore di Curzia che rende il poeta forte e pronto per vivere bene il presente e l’amore per lei.
Seconda poesia per Curzia Ferrari
Testo della poesia “Balestrieri toscani”.
Vestiti di broccati vivaci i balestrieri
nella piazza della città toscana,
senza tamburi vittoriosi,
tentano la sorte di colpire un centro
con una freccia medievale. I ragazzi
tendono con forza la corda della balestra
e lanciano le armi con ansia di amanti.
Rapidi ripetono il sortilegio.
Ero con te, amore, i colpi
sul bersaglio, nello stacco
della luce meridiana, la noia
dell’attesa per quei servi dell’antica
guerra, ci dissero che l’uomo non muore,
è un soldato d’amore della vittoria continua.
“Balestrieri toscani” è la seconda poesia d’amore contenuta in “DARE E AVERE”. Il tema della poesia è l’amore inteso come sentimento universale che è valido per ogni tempo, per ogni stagione, per ogni occasione e per ogni persona come nel caso del poeta che, malgrado la differenza di età, ama la giovane donna come fosse anch’egli giovane. L’incipit della poesia è dato dal fatto che i due innamorati, per caso, si trovano in una piazza di una città toscana e guardano insieme lo sventolio delle bandiere di un gruppo di balestrieri o sbandieratori che effettuano dei lanci acrobatici in aria. Un gruppo di essi si esercita, anche, in un gioco particolare tentando di colpire con una balestra un bersaglio. Questa prova di abilità rappresenta, simbolicamente, la conquista dell’amore da parte dei giovani verso le donne. Il cercare di fare centro è come fanno gli amanti quando lanciano il proprio sguardo seduttivo verso una giovane donna per colpirla al centro e conquistare il suo amore. Durante il pomeriggio i giovani balestrieri ripetono più volte il gioco per avere più possibilità di fare centro e il poeta da questa scena quasi magica capisce che l’amore, dai ragazzi agli anziani, è un sentimento che colpisce tutti. La poesia si conclude affermando che l’uomo non morirà mai perché è sempre alla ricerca continua dell’amore e quindi diventa un soldato d’amore, sempre in battaglia, che vince continuamente la morte e non morirà mai. La poesia è una lirica d’amore indirizzata ed ispirata a Curzia la quale, insieme a lui, vive questo pomeriggio magico d’amore. La lirica è scritta con una lexis chiara e lineare con pochissime figure retoriche che rendono i versi scorrevoli e veloci nella lettura e le frasi sono brevi e concise con una sintassi paratattica. “Balestrieri toscani” esprime vari motivi di bellezza perché è costruita su due momenti diversi e distanti tra loro: il primo momento è quello concreto e reale della manifestazione dei balestrieri in una piazza toscana e il momento successivo è quello nel quale il poeta si sente avvinto dal magico spettacolo dei balestrieri che gli fa nascere, ancora di più, il sentimento di amore verso la sua giovane donna come i balestrieri cercano di centrare il bersaglio. La forza dell’amore, quindi, rende l’uomo immortale perché viene salvato dalla ricerca continua dell’amore.
Terza poesia per Curzia Ferrari.
Testo della poesia “Poesia d’amore”
Il vento vacilla esaltato e porta
foglie sugli alberi del Parco,
l’erba è già intorno
alle mura del Castello, i barconi
di sabbia filano sul Naviglio Grande.
Irritante, scardinato, è un giorno
che torna dal gelo come un altro,
procede, vuole. Ma ci sei tu e non hai limiti:
violenta allora l’immobile morte
e prepara il nostro letto di vivi.
“Poesia d’amore” è la terza poesia d’amore contenuta in “DARE E AVERE”. Il tema della poesia è l’amore come era sentito dal poeta in quegli anni. La poesia inizia con l’immagine del vento che solleva da terra le foglie e le porta sugli alberi e continua con la descrizione dell’erba cresciuta intorno al castello e con i barconi che scorrono sul Naviglio. Il poeta sente che quel giorno noioso, irritante e freddoloso è un giorno come tutti gli altri ma, per fortuna, c’è il suo amore che trasforma quella giornata uggiosa in una giornata calda e piena d’amore. Il messaggio della poesia è chiaro: di fronte alla routine della vita quotidiana, monotona e uggiosa, l’unica alternativa per cambiare il ritmo della giornata è l’amore della sua giovane donna che non ha limiti. Il poeta invita la sua donna a preparare il letto che servirà a tenerli vivi e ad allontanarli dalla morte. La poesia esprime la tesi che solo l’amore di una donna spinge gli uomini ad essere attivi e a godere dell’amore fisico e concreto e a non perdere tempo perché il tempo del poeta precipita (ruit hora). La poesia è espressa con un linguaggio chiaro e semplice e le frasi sono accostate per asindeto. L’unica figura retorica della poesia è la sineddoche dell’ultimo verso dove la parola letto in concreto sostituisce l’amore che è la parola astratta. Questa poesia esprime al meglio l’amore del poeta per Curzia così come è descritto anche nelle lettere dello stesso periodo.
Quarta poesia per Curzia Ferrari.
Testo della poesia “Mi chiedi parole”
Mi chiedi parole. Ma il tempo
precipita come un masso sulla mia anima
che vuole certezze, e più non ha sillabe
da offrire se non quelle silenziose
del sangue legate al tuo nome,
o mia vita, mio amore senza fine.
Questa poesia scritta nel 1967 è sempre dedicata a Curzia Ferrari ed è rimasta inedita fino alla morte del poeta e pubblicata postuma. Il tema della poesia è il tempo che precipita (ruit hora) e il poeta sente che la sua vita sta passando velocemente e gli rimangono ormai pochi anni da vivere. La poesia inizia rispondendo ad una richiesta di lei che vuole parole ma in effetti il poeta dice che non ha più parole da dire se non quelle legate al suo amore. La poesia esprime il messaggio di affrettarsi a non perdere tempo e alla fine non ci sono più parole da dire se non quelle concrete e necessarie per l’amore. “Mi chiedi parole” è una lirica passionale e personale con versi liberi, con un linguaggio semplice e chiaro e con frasi unite per asindeto. La poesia esprime la tesi della consapevolezza del tempo che passa e che il poeta non vuole lasciarsi sfuggire perché vuole godersi gli ultimi giorni di vita. La bellezza della poesia è dovuta al messaggio che contiene e cioè la necessità di fare presto per godersi la vita. La poesia non è sdolcinata e romantica e non mostra una dolcezza eccessiva ma ha una forma chiara, netta e concreta.
Quinta poesia per Curzia Ferrari.
Testo della poesia “Che breve notte”
Che breve notte, amore. Un raggio
di luce è già sulla tua fronte,
nei tuoi capelli di madonna bizantina:
e dai carrozzoni lungo il fiume
assale antiche radici
la voce dei giovani nomadi, funamboli
di gramo pane e di parole murate nello sdegno.
Riconosco il fanciullo che sul Bosforo di Sicilia
gettava la sua solitudine di isolano
isolato. Ma tu ti svegli, bellissima.
Bruna e bruciante mi svegli
a nuova vertigine; scavato d’ansie e di sangue
mi trascini nel buio, senza memoria.
Qui vivo forse la mia ultima vita.
Questa poesia, scritta nel 1967 è sempre dedicata a Curzia Ferrari, è rimasta inedita fino alla morte del poeta e poi pubblicata postuma. Il tema della poesia è l’amore del poeta verso la sua giovane amante, che il poeta trasfigura in una sorta di Madonna bizantina. Curzia, con la sua bellezza e con il suo amore, trasporta Quasimodo in un turbamento vertiginoso e di esaltazione della gioventù. La poesia continua con dei flashback in cui il poeta ricorda la sua fanciullezza e la sua gioventù trascorse in Sicilia ricordando, in particolare, la voce e l’immagine di alcuni suoi compagni che si arrampicavano in rocce scoscese e ripide e passeggiavano lungo i fiumi. Un ricordo similare è quello della passeggiata della poesia “Vento a Tindari” dove con la sua allegra brigata, Quasimodo, saliva lungo le coste di Tindari. In “Che breve notte” il poeta si definisce isolano, isolato come aveva già scritto in una lettera del 02 agosto 1967 e definisce il canale di Sicilia come Bosforo di Sicilia come aveva già fatto in una lettera del 27 maggio 1965. Dopo il risveglio dai flashback e l’inizio della giornata, dopo la notte vissuta intensamente, il poeta apre gli occhi e contempla il suo amore nel suo splendore di gioventù. Quasimodo, quasi stupito della felicità che si ritrova, si rivolge a Curzia descrivendola bruna di capelli e bruciante di passione. L’amante, al nuovo giorno, lo trasporta a una nuova passione e lo trascina nel buio della passione e poi in un tempo senza memoria anche se lui si sente scavato dentro da ansia e da sangue. La poesia si conclude con il presagio avvertito dal poeta che quella breve notte è stata una delle ultime trascorse con Curzia per l’avanzare dell’età. Il messaggio della poesia è quello della felicità del poeta che, dopo la bellissima notte d’amore trascorsa, si sente giovane come l’amata. La poesia esprime la tesi della felicità del poeta di stare accanto alla sua giovane donna che gli ha regalato un’altra notte d’amore ma è anche il presentimento della sua vita ormai agli sgoccioli. Il linguaggio della poesia è semplice e chiaro e le figure retoriche sono poche. La poesia esprime un tono emotivo di ansia e di preoccupazione per il futuro con una lexis scabra, movimentata e vivace anche se scritta con una forma serrata e concentrata. La bellezza della poesia è dovuta a tre fattori diversi: la felicità che il poeta esprime dopo la notte d’amore, i suoi ricordi di fanciullo in Sicilia e il commiato dall’amore e dalla vita.
Finale
Io, Biagio Carrubba, concludo riportando un brano di un grazioso libro “Quasimodo amalfitano” di Giuseppe Liuccio nel quale Quasimodo esprime tutto il suo attaccamento alla vita e la gioia di godersi gli ultimi anni d’amore. Il poeta rispondendo al giovane Liuccio gli dice: “È bello essere innamorati – mi confidò mentre a passi lenti raggiungevamo mia moglie e la sua segretaria del poeta a passeggio verso il porto. È il segreto per dare senso alla vita. E, ricordati aggiunse: rompere, troncare i rapporti piuttosto che lasciarli imputridire nel pantano della quotidianità. L’amore è bello se è primavera che rinnova colori e profumi.” (Nicolodi editore 2002 pag. 34). Io, Biagio Carrubba, posso dire che Quasimodo ha avuto una grande e bella vita, anche felice, e anche la sua stessa morte, breve, rapida ed indolore, del 14 giugno 1968 è stata una bella morte perché non si è accorto nemmeno di morire. Inoltre Quasimodo non ha avuto nessuna sofferenza e malattia e tutta la sua vita è stata luminosa e felice perché, oltre ai suoi tre grandi amori vissuti intensamente, la sua vita è stata coronata dal premio Nobel per la letteratura e ha saputo godersi tutti i viaggi che ha fatto nella sua vita e gli onori che ha ricevuto dalle varie Università. Quindi, parafrasando la sua celebre poesia, “Ed è subito sera”, in cui Quasimodo esprime la tristezza e il pessimismo della vita dicendo: Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera, io, Biagio Carrubba dico che Quasimodo non è mai stato solo sul cuore della terra / anzi è stato illuminato da un sole abbacinante / che lo ha accompagnato fino all’ultimo istante della sua sera. A questi versi miei versi finali che fanno da controcanto ai famosi versi di Quasimodo, dò il titolo E fu subito giorno.
Modica, 14 agosto 2018. Prof. Biagio Carrubba.
Modica, rivisto e ordinato il 23 maggio 2023
Modica, 25 maggio 2023
Prof. Biagio Carrubba
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