
“La terra impareggiabile” è la nona opera poetica di Salvatore Quasimodo. È composta da ventisette poesie divise in cinque sezioni che sono molto diverse tra di loro sia per temi che per argomenti ma unite nella forma, nella bellezza e nello stile personale del poeta. L’opera fu pubblicata nel 1958 e raccoglie le poesie scritte tra il 1955 e il 1958. L’epigrafe dell’opera è: “Dico che i morti uccidono i vivi” Eschilo, Coefore, verso 886.
La prima sezione è “Visibile, invisibile” e contiene 9 poesie di carattere personale tutte su argomenti diversi e scritte in occasioni diverse. La poesia più famosa e bella di questa sezione è, senza dubbio, “Al Padre” (poesia nr. 7). La seconda sezione è “Ancora dell’inferno” e contiene 6 poesie di carattere sociale e civile tutte di temi diversi tra di loro. La poesia più famosa e più bella è la dodicesima (terza della sezione) “Ancora dell’inferno” che fu scritta nel 1956. In questa stupenda poesia Quasimodo esprime per intero tutto il suo pessimismo non solo sul presente, ma anche sul futuro; infatti in questa poesia, Quasimodo, immagina, descrive ed espone le devastanti conseguenze che la bomba all’idrogeno avrebbe sulla Terra in un lontano futuro. Il poeta in forma poetica afferma che ogni amore finirebbe e l’esplosione della bomba all’idrogeno farebbe ricadere l’umanità all’indietro e ogni cosa della Terra fonderebbe e la stessa Terra diventerebbe una “fanghiglia bollente, /qui nell’inferno”. E in una poesia successiva, “Quasi un epigramma”, il poeta afferma che “La civiltà dell’uomo è al suo vertice”.
Ancora dell’inferno
Testo della poesia
Non ci direte una notte gridando
dai megafoni, una notte
di zagare, di nascite, d’amori
appena cominciati, che l’idrogeno
in nome del diritto brucia
la terra. Gli animali i boschi fondono
nell’Arca della distruzione, il fuoco
è un vischio sui crani dei cavalli,
negli occhi umani. Poi a noi morti
voi morti direte nuove tavole
della legge. Nell’antico linguaggio
altri segni, profili di pugnali.
Balbetterà qualcuno sulle scorie,
inventerà tutto ancora
o nulla nella sorte uniforme,
il mormorio delle correnti, il crepitare
della luce. Non la speranza
direte voi morti alla nostra morte
negli imbuti di fanghiglia bollente,
qui nell’inferno.
Il tema della poesia
Il tema della poesia è la paura che nutriva il poeta di fronte ad una possibile e devastante guerra che in un futuro si sarebbe combattuta con la bomba all’idrogeno. Il poeta si pone come chi vorrebbe essere un cattivo profeta cioè una persona che desidera che la terribile guerra all’idrogeno non accada mai perché porterebbe l’umanità alla distruzione e ridurrebbe la terra ad una “fanghiglia bollente” simile all’inferno dove ogni luogo brucia e dove ogni amore finisce.
La sintesi della poesia
Dopo l’incipit della poesia nel quale Quasimodo parte dal suo presente. Il poeta immagina alcune scene apocalittiche che si susseguono, una dopo l’altra, in modo incalzante e serrato: gli animali e i boschi bruceranno sulla terra; il fuoco si attaccherà ovunque come un vischio; i sopravvissuti riceveranno altre leggi come gli ebrei ricevettero le leggi da Mosè dopo la schiavitù in Egitto. Ma in questo disastroso scenario di una Terra bruciata ed arida si avrebbero ancora altre battaglie tra i sopravvissuti. In questa Terra sconvolta e devastata ogni uomo avrebbe risposte o reagirebbe in modo diverso alla nuova situazione della terra bruciata. Chi tremerebbe sulle scorie, chi invece si inventerebbe una vita diversa e nuova, chi rimarrebbe indifferente o spaventato nella sorte comune di tutti i sopravvissuti, chi riscoprirebbe il mormorio dell’acqua dei fiumi e il crepitio della luce. Ma la cosa ancora più agghiacciante e terribile è che alcuni sopravvissuti toglierebbero ad altri sopravvissuti anche la speranza di morire perché i corpi morenti brucerebbero vivi in pozzi di fanghiglia bollenti così come succede nell’inferno.
Il messaggio della poesia.
Il messaggio implicito della poesia è certamente il monito che il poeta lancia per evitare una possibile guerra, combattuta con le bombe all’idrogeno perché una guerra all’idrogeno sarebbe letale e disastrosa per tutta l’umanità.
La tesi della poesia.
La tesi della poesia è, senza dubbio, quella di catechizzare, istruire ed ammonire i potenti del mondo a governare bene per non portare l’umanità alla guerra totale. Non c’è dubbio infatti che una terribile e totale conflagrazione, basata sulle armi all’idrogeno, porterebbe alla distruzione dell’umanità e trasformerebbe la terra in una pozzanghera di fanghiglia bollente, simile all’inferno di cui parla Dante. Allora la civiltà all’idrogeno futura dell’uomo che si profila sarà al suo massimo vertice ma avrebbe, anche, come conseguenza inevitabile la fine della Terra e dell’umanità.
Il genere della poesia.
Il genere della poesia è quello di una poesia neo realistica anche se la forma è quella della profezia.
La metrica della poesia.
La metrica si avvicina a quella di una poesia in cui prevale l’endecasillabo anche se ogni verso non è perfettamente regolare ad 11 sillabe e quindi molti versi sono ipermetrici o ipometrici.
Il linguaggio poetico.
Il linguaggio poetico è ricco di figure retoriche: l’iperbato (vv. 1 – 4), la perifrasi (l’arca della distruzione), una metafora (vischio sui crani dei cavalli), alcuni enjambement (vv. 5-6 brucia/la terra e vv.16.17 il crepitare/della luce), due sinestesie (mormorio delle correnti e il crepitare della luce), parecchie enallage cioè il poeta usa il presente al posto del futuro (brucia al posto di brucerà), alcune ellissi, perché mancano parecchi soggetti e parecchi verbi (tra il verso 18-19 mancano il soggetto e il verbo per cui la poesia integrata sarebbe Poiché i corpi bruceranno vivi negli imbuti…). Le parole sono scelte con cura e con oculatezza e la poesia manifesta un tono emotivo di nostalgia per il passato e di preoccupazione per il futuro. Molte parole si riallacciano a situazioni storiche e riprendono riferimenti culturali come la Bibbia e come i cenni alla tragedia di Eschilo.
La lexis della poesia
La lexis è scabra perché la scrittura non è lineare e chiara ma movimentata da questo andamento nervoso ed irregolare delle figure retoriche e della lexis.
La bellezza della poesia.
La bellezza della poesia è data da cinque fattori.
- Il primo motivo è dato dalla forma della profezia e della predizione che danno alla poesia un andamento biblico e apocalittico finalistico ed escatologico.
- La lexis è scabra, serrata, stringata ma termina con un andamento quasi ermetico.
- La capacità incredibile del poeta di sintetizzare e presentare la poesia esprimendo il passato, il presente e il futuro come se fossero un discorso, senza soluzione di continuità, partendo dal presente, con agganci al passato ma con prospettive sul futuro. Il passato è rappresentato dai riferimenti biblici (le tavole nuove della legge – imbuti di fanghiglia bollente che si rifà a Dante e al suo inferno); le immagini del presente sono i megafoni, le zagare, le nascite e gli amori appena cominciati; le immagini del futuro sono le scorie, la guerra all’idrogeno, noi morti e voi morti che sono oltre a quelli del futuro anche quelli del passato perché sono quelli ripresi dall’epigrafe dell’opera “Dico che i morti uccidono i vivi”.
- Il susseguirsi di immagini apocalittiche e drammatiche che danno il senso della fine del mondo e descrivono la feroce fine dell’umanità, che si autodistrugge e brucia, per sua mano stessa e per mezzo delle sue armi all’idrogeno senza che intervenga Dio con la sua vendetta o con la sua punizione e nemmeno con il flagello divino perché Quasimodo ha una visione laica, razionale, materiale, ma pessimistica, della vita degli uomini e una weltanschauung razionalistica, agnostica e nichilistica della natura sul pianeta Terra.
- Il quinto motivo di bellezza è dato dal fatto che Quasimodo in questa poesia riesce a parlare della probabile conflagrazione come se fosse una cosa reale ma allo stesso tempo lontana nel tempo. La poesia esprime i tre tempi diversi, passato, presente e futuro, come se il tutto si svolgesse in contemporanea.
La terza sezione dell’opera è “Della Grecia” e contiene sette poesie tutte dello stesso argomento che raccontano le impressioni e i sentimenti del poeta durante un viaggio in Grecia.
II
“Alla nuova luna”.
La quarta sezione è “Domande e risposte” e contiene tre poesie dedicate alla scienza e a Dio che sono poesie di argomento metafisico e scientifico. La prima poesia della sezione (la ventitreesima dell’opera), che è anche la più bella e nota, è “Alla nuova luna”.
Testo della poesia “Alla nuova luna”.
In principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo
e al settimo giorno si riposò.
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.
Parafrasi della poesia
Dio, nel suo primo giorno, creò il cielo
e la terra, poi nel giorno prestabilito
pose le stelle nel cielo
e al settimo giorno si riposò.
L’uomo, che Dio aveva fatto
a sua immagine e somiglianza,
dopo miliardi di anni,
con un’attività indefessa
con la sua intelligenza laica,
pose nel cielo sereno
di una sera d’ottobre,
senza nessun timore reverenziale verso DIO,
un nuovo satellite che girava
allo stesso modo degli altri astri naturali
che già giravano fin
dalla creazione del mondo.
Amen.
Il tema della poesia.
Il tema della poesia è la constatazione del progresso scientifico che gli uomini riescono a fare con l’uso della loro intelligenza. Quasimodo esprime con questa poesia la gioia per il fatto che ancora una volta gli scienziati sono riusciti a costruire una “nuova luna” che gira attorno alla terra, come la luna fa da sempre. Il nuovo satellite è definito “Nuova luna” perché è stato costruito dall’uomo e non da Dio. Quasimodo mette in rilievo che gli uomini, con la loro attività razionale, complessa e scientifica, sono riusciti a costruire una nuova macchina soltanto grazie al loro lavoro e alla loro intelligenza laica, cioè senza influenze della Chiesa o di altre religioni e senza l’aiuto di Dio.
Il messaggio della poesia.
Il messaggio della poesia è quello di affermare che gli uomini, ancora una volta, dopo milioni di anni, sono riusciti a costruire, fin dall’inizio della loro evoluzione, e a produrre un altro strumento scientifico, cioè il satellite artificiale, che per la complessità della sua costruzione si avvicina ad essere simile agli oggetti creati dalla volontà di Dio. Questo nuovo satellite costituisce una tappa molto importante nel percorso scientifico e tecnologico dell’umanità, che nel suo processo evolutivo si avvicina sempre di più a scoprire, a capire e a costruire “Nuovi satelliti” sempre più perfetti e complessi che a loro volta aiutano l’uomo ad andare avanti nel suo progresso sociale, civile e scientifico.
Il linguaggio poetico della poesia.
Il linguaggio poetico della poesia è molto semplice e, si può dire, quasi comune. Infatti Quasimodo usa espressioni del linguaggio comune e con riferimento a frasi della Bibbia. Ma nella poesia queste espressioni comuni sono inserite in una forma poetica limpida e chiara, senza orpelli inutili e dettagli prolissi. Il poeta, nella poesia, si limita ad usare pochissime figure retoriche; vi sono appena due enjambement e qualche allitterazione sparsa qua e là nella poesia. Ma la poesia risulta formata con un linguaggio ordinato e pulito e il messaggio va diritto alla mente del lettore come una freccia che, fulmineamente, arriva alla cultura del lettore, che viene colpito dal messaggio laico della poesia. Credo che Quasimodo non faccia il parallelismo tra l’onnipotenza di Dio e la potenza degli uomini, ma si limita a dire che gli uomini da soli possono arrivare a scoprire come è nato l’Universo e potranno capire anche il fine di esso.
Il tono emotivo della poesia.
Il tono emotivo della poesia esprime l’orgoglio e la gioia del poeta per il risultato eccezionale degli scienziati con la messa in orbita del primo satellite artificiale (ottobre 1957 i russi lanciano in orbita il primo Sputnik). Questa poesia scatenò nel 1959 una polemica durante il premio Nobel perché Quasimodo ebbe le congratulazioni di un alto dirigente russo che lo aveva lodato perché lui aveva dedicato una poesia alla messa in orbita dello Sputnik. Ma Quasimodo, durante la cerimonia della premiazione, ci tenne a precisare che egli non aveva voluto celebrare “l’ordigno russo in sé” ma “quella nuova luna creata dal genio degli uomini, con l’aiuto di Dio”. Ma io, Biagio Carrubba, penso che l’avere aggiunto “con l’aiuto di Dio” faccia a pugni con la poesia dove il poeta mette in evidenza l’indipendenza dell’intelligenza laica degli uomini. Come a dire che Quasimodo prendeva le distanze dalla ideologia sovietica e si avvicinava ed accettava per intero la società occidentale.
La bellezza della poesia.
La bellezza della poesia è dovuta alla magnifica capacità di Quasimodo di sintetizzare in una breve poesia il contenuto di essa e cioè la meraviglia del risultato scientifico realizzato dagli scienziati con la limpidezza e la semplicità tipica della forma poetica. La gioia del poeta per la grande impresa scientifica e tecnica si unisce alla sua gioia di semplice uomo che esprime il suo orgoglio, come un uomo comune, per la bella impresa degli scienziati e tramite essi, anche tutta l’umanità. Il secondo motivo della bellezza della poesia è dovuto alla chiarezza del linguaggio poetico, che riesce a far emergere anche la grandezza degli scienziati che con la loro intelligenza razionale e laica hanno portato l’umanità a raggiungere un altro importante risultato nel progresso scientifico ed umano. L’opera si conclude con la quinta sezione che ha per titolo “Due Epigrafi”. Le poesie di questa sezione riportano due epigrafi dedicate alle vittime degli eccidi nazisti: “Epigrafe per i caduti di Marzabotto” del 1954 “Epigrafe per i partigiani di Valenza” del 1957.
IV
Giudizio analitico e critico sull’intera opera “La terra impareggiabile”
Sul piano della forma quasi tutte le poesie de “La terra impareggiabile” hanno la stessa lunghezza (tra i 20 e i 30 versi); poche sono le poesie brevi e poche sono le poesie più lunghe. Quasi tutte le poesie hanno una scrittura e una lexis lineare, piana e chiara, ma anche movimentata, scabra e stringata, ed è scomparsa quasi del tutto la tecnica ermetica. Quasimodo non usa più figure ermetiche, ma il suo giudizio si dispiega uniforme e lineare, esprimendo in modo netto e chiaro i sentimenti e i giudizi pessimistici sulla civiltà neo capitalistica italiana e sulla civiltà dell’atomo. Il linguaggio poetico parte da parole comuni che sono inserite in una forma poetica molto alta, che dà all’opera una bellezza e un fascino poetico molto particolare. Sia i contenuti sia il modo di scrittura piana e scabra danno all’intera opera poetica il crisma e il suggello di un’opera poetica altamente neorealistica, che dà a “La terra impareggiabile” un fascino tutto particolare e uno spirito neorealistico e personale del tutto eccezionale. L’intera opera poetica è caratterizzata sia dallo spirito realistico del poeta sia dal clima neorealistico del decennio ‘50 tutto pieno di opere neorealistiche: dal cinema ai romanzi. “La terra impareggiabile” esprime anche un giudizio critico sul capitalismo italiano di quegli anni, ma non tralascia di inserire due poesie dedicate ai partigiani della seconda guerra mondiale. Quindi si può dire che questa opera poetica, pur appartenendo al neorealismo degli anni ‘50, è ben diversa dall’opera “Giorno dopo giorno” che rappresentò la prima opera poetica neorealistica ma che era rivolta soprattutto ad esprimere gli orrori della guerra appena trascorsa. Quasi tutte le poesie dell’opera sono belle eccetto qualcuna di tono minore come “Le Arche scaligere” e “Un gesto o un nome dello spirito”, cosicché l’insieme di 20 poesie di altissimo livello poetico forma un capolavoro assoluto della letteratura italiana.
I motivi di bellezza de “La terra impareggiabile”.
I motivi della bellezza dell’opera sono diversi.
Il primo motivo è dato dalla varietà dei temi e degli argomenti, che esprimono la variabilità e la fecondità della vena poetica del poeta;
Il secondo motivo di bellezza dell’opera poetica è dovuto allo spirito neorealistico dell’opera pervaso da un giudizio critico sul neocapitalismo italiano;
Il terzo motivo di bellezza dell’opera poetica è dato dal taglio laico, razionale, lucido scientifico del poeta;
Il quarto motivo di bellezza de “La terra impareggiabile” è dato dallo spirito pacifista del poeta che è attestato sia dalla poesia “I soldati piangono di notte” e sia dall’inserimento delle due poesie epigrafi sulle vittime della guerra e della barbarie nazista.
Il quinto motivo di bellezza dell’opera è dovuto all’incredibile capacità di sintesi del poeta che in pochi versi dispiega i suoi sentimenti e fa un’analisi lucida della società italiana degli anni ‘50. Si può dire che questa capacità di sintetizzare di Salvatore Quasimodo sia un residuo ancora positivo del suo originario poetare ermetico.
Il sesto motivo di bellezza poetica è dato anche dall’attaccamento del poeta alla civiltà classica a cui dedica un’intera sezione molto difficile ma molto affascinante.
V
Il mio giudizio personale su La terra impareggiabile.
Io, Biagio Carrubba, giudico “La terra impareggiabile” un’opera poetica molto importante e molto bella tra quelle degli anni ’50. L’altro grande capolavoro di quegli anni è sicuramente “Le ceneri di Gramsci” di Pier Paolo Pasolini del 1957. Le due opere molto diverse tra di loro hanno in comune lo spirito neorealistico del secondo dopo guerra, anche se già Pasolini con la sua rivista “Officina” aveva cominciato la demolizione del neorealismo. “La terra impareggiabile” è un’opera composita e varia dal punto di vista dei contenuti che vanno da ricordi personali a fatti di cronaca propri di quegli anni come la poesia “Notizia di cronaca”. Invece la lunghezza delle poesie è regolare e tutte hanno una lexis personale uniforme. Quasimodo dà un giudizio serio e critico sulla società sociale italiana e sul neocapitalismo e vede i grandi disagi che questo crea in molti cittadini e uomini dell’Italia di quegli anni, come scrive nelle poesie “In questa città”, “Quasi un epigramma”, “Il Muro”. Quasimodo si mostra un poeta tagliente, obiettivo e critico nei confronti del sistema capitalistico italiano in pieno sviluppo. Ma l’opera è piena di vari temi e si dispiega in molti argomenti variegati, e tutte le poesie sono plasmate dalla mano sapiente del poeta che dispiega i suoi giudizi e i suoi sentimenti in modo piano e cauto, mentre il suo ragionare è limpido, laico e lineare. Fra tutte, emerge la bellissima poesia “Ancora dell’inferno”, nella quale Quasimodo già mostra di intravedere gli effetti devastanti di una possibile guerra combattuta con le bombe all’idrogeno che condurrebbe l’umanità a fondersi nel fuoco prodotto dall’idrogeno e ridurrebbe la terra a una fanghiglia bollente di Dantesca memoria.
Modica, 18 agosto 2018. Prof. Biagio Carrubba.
Modica, rivisto e ordinato il 23 maggio 2023

Modica, 25 maggio 2023
Prof. Biagio Carrubba
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